Inchiesta “Hydruntiade”. La “verità” dei fratelli Cariddi nel corso di un interrogatorio fiume 

L’ascolto voluto dai due arrestati, si è poi svolto questa mattina presso il carcere di Borgo San Nicola, dinanzi ai pm

I fratelli Cariddi, arrestati e finiti in carcere il 12 settembre scorso nell’ambito dell’inchiesta “Hydruntiade”, hanno riferito la loro “verità” dinanzi ai pm. Si è trattato di un interrogatorio fiume durato complessivamente oltre sei ore. Era previsto inizialmente per mercoledì scorso (è stato rinviato a causa di un impedimento del pm), ma si è poi svolto questa mattina presso il carcere di Borgo San Nicola.

I due Cariddi, seppur provati dalla detenzione in carcere che dura oramai da oltre un mese, hanno serenamente fornito la loro versione dei fatti in merito alle contestazioni della Procura. Dinanzi al procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, al sostituto procuratore Giorgia Villa ed agli ufficiali di polizia giudiziaria è stato anzitutto ascoltato Luciano Cariddi, “primo cittadino” fino al 2017 (difeso dagli avvocati Viola Messa e Michele Laforgia) che ha risposto, per circa tre ore, a tutte le domande dei pm. Subito dopo è stata la volta di Pierpaolo Cariddi, ex sindaco di Otranto (assistito dagli avvocati Gianluca D’Oria ed Alessandro Dello Russo). Anch’egli è stato ascoltato per tre ore ed ha ricostruito i fatti, secondo il proprio punto di vista. Nel corso dell’ascolto dei fratelli Cariddi sono stati affrontati i vari temi confluiti nell’ordinanza di custodia cautelare. In particolare, hanno parlato dei rapporti istituzionali con le varie autorità del territorio idruntino e con gli imprenditori, chiarendo le modalità degli appalti pubblici. Il collegio difensivo, al termine del lungo interrogatorio, si riserva di chiedere al gip l’attenuazione della misura cautelare in carcere (quantomeno i domiciliari), anche alla luce del fatto che Pierpaolo Cariddi non riveste più la carica di sindaco di Otranto.

I legali, invece, non hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame.

I due Cariddi rispondono di associazione a delinquere, corruzione per l’esercizio della funzione e per un atto contrario ai doveri d’ufficio, falso ideologico.

Ricordiamo che nei giorni scorsi, i loro legali avevano depositato la richiesta di interrogatorio, dopo avere avuto modo di esaminare il corposo fascicolo d’indagine. L’istanza è stata accolta dalla Procura.

Invece, subito dopo l’arresto, i due non hanno risposto alle domande del gip Cinzia Vergine, scegliendo la via del silenzio. Difatti, al termine dell’interrogatorio di garanzia, presso il penitenziario di Borgo San Nicola, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

I legali dei fratelli Cariddi non hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame per chiedere la revoca della misura.

Ricordiamo che il 12 settembre scorso, venne eseguita dai carabinieri, un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 10 persone (2 in carcere e 8 ai domiciliari).

Nel corso delle indagini sarebbe emerso un “sistema Cariddi” per affidamenti di lavori anche attraverso concessioni comunali artefatte, in cambio del sostegno elettorale da parte di imprenditori amici e facendo ricorso alle minacce nei confronti di pubblici ufficiali.

Il metodo sarebbe stato portato avanti da Luciano Cariddi insieme al fratello Pierpaolo. E quest’ultimo sostituiva spesso il fratello negli incontri elettorali organizzati per le elezioni politiche del 2018 (Luciano Cariddi era candidato al Senato). Tali appuntamenti venivano messi a punto dagli imprenditori “amici”, che garantivano anche il supporto economico alla campagna elettorale. Ed a tal proposito l’ingegnere Pierpaolo Cariddi, ritiene la Procura, si impegnava a soddisfare i loro interessi e riceveva incarichi di progettazione, che solo apparentemente venivano attribuiti ai suoi collaboratori.

Tali ipotesi accusatorie, come detto, sono state chiarite dai fratelli Cariddi, nel corso dell’interrogatorio odierno.



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