Operazione Hydruntiade. Solo due arrestati parlano. Gli altri scelgono la via del silenzio davanti al giudice

Hanno risposto alle domande del gip, nel corso dell’interrogatorio di garanzia, soltanto gli imprenditori Roberto De Santis e Luigi Bleve, entrambi ai domiciliari

Si sono tenuti in mattinata gli interrogatori di garanzia, presso il tribunale di viale de Pietro, anche per gli otto indagati ai domiciliari, arrestati nell’ambito dell’inchiesta “Hydruntiade“.

Dinanzi al gip Cinzia Vergine ed alla presenza del procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone e del sostituto procuratore Giorgia Villa, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere (come accaduto in precedenza per i due fratelli Cariddi): Giuseppe Tondo, 69 anni, geometra, ex responsabile dell’ufficio paesaggistico, ritenuto l’organizzatore dell’associazione (difeso dall’avvocato Corrado Sammarruco) ed Emanuele Maggiulli, 56 anni di Muro Leccese, ex dirigente del Comune di Otranto (avvocati Luigi Covella e Antonio Quinto), partecipe dell’associazione, come Roberto Aloisio, 50 anni, istruttore dell’Ufficio Tecnico comunale (avvocati Carlo Viva e Francesco Romano).

Secondo la Procura, i tre operavano nell’ufficio tecnico per il rilascio di autorizzazioni illecite su progetti in contrasto con gli strumenti urbanistici vigenti.

Invece, Marco Maggio, 40 anni di Cannole (avvocati Luigi Corvaglia ed Antonio Costantini), avrebbe avuto il ruolo di prestanome del sindaco Pierpaolo Cariddi, firmando progetti da lui redatti, in merito a pratiche di “macroscopica illegittimità”. Anche lui si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Non ha risposto alle domande del gip, neanche Salvatore Giannetta, 63 anni di Minervino, attivo nel settore dei supermercati (avvocati Luigi Corvaglia e Sergio Schito). Così come l’imprenditore Raffaele De Santis, 76 anni, di Otranto, presidente di Federalberghi (avvocato Roberto Eustachio Sisto) Ha invece chiarito la propria posizione Luigi Bleve, 61 anni di Otranto (avvocato Salvatore Brillante e Luigi e Roberto Rella). Egli, nel corso dell’interrogatorio durato circa un’ora, come spiegato dalla difesa: “ha chiarito che i comportamenti che gli vengono contestati non erano finalizzati a favorire la pubblica amministrazione”.

Secondo la Procura i tre imprenditori sarebbero gli “esponenti del centro di potere politico-economico, referenti indispensabili per i due Cariddi per il mantenimento della posizione di potere in virtù del loro ruolo di collettori di voti”

Oggi è stato sentito anche l’imprenditore Roberto De Santis, finito agli arresti domiciliari che come spiegato dal suo legale, l’avvocato Giuseppe Fornari: “ha deciso di rispondere alle domande del gip, perché estraneo a questa vicenda. Egli è intervenuto,  in modo lecito e legittimo, soltanto a tutela dei propri figli che si erano avventurati nell’attività imprenditoriale del Twiga che alla fine è andata male”. E conclude il legale, affermando che: “non sussistono le esigenze cautelari e stiamo valutando il ricorso al Riesame”

Secondo la Procura, i due Cariddi si mettevano a disposizione degli imprenditori Roberto De Santis e del figlio Luigi (indagato a piede libero), ma anche di Raffaele De Santis (rispondono di corruzione per un atto contrario al dovere d’ufficio): “al fine di tutelare gli interessi economici dei prefetti imprenditori, cui asservivano le pubbliche funzioni”.

Ricordiamo che nella mattinata di lunedì, sono stati eseguiti ben 10 arresti. Gli indagati sono accusati a vario titolo ed in diversa misura di associazione per delinquere finalizzata al compimento di vari reati contro la pubblica amministrazione. Non solo, poiché la Procura contesta ad alcun di loro, reati in materia di corruzione elettorale, per atti contrari ai doveri d’ufficio, frode in processo penale e depistaggio, turbata libertà degli incanti, truffa ai danni dello Stato e della Comunità Europea e altro.

Inoltre, è stato eseguito per numerosi imprenditori, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di strutture turistico-ricettive, stabilimenti balneari, aziende agrituristiche, diverse unità immobiliari e numerose somme di denaro, per un valore stimato di diversi milioni di euro in violazione delle norme in materia edilizia e paesaggistica.

L’inchiesta è partita nel dicembre del 2017 e sono indagate complessivamente 60 persone.

Nel corso delle indagini sarebbe emerso un “sistema Cariddi” per il rilascio di autorizzazioni e per affidamenti di lavori anche attraverso concessioni comunali artefatte, in cambio del sostegno elettorale da parte di imprenditori amici.



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