Dopo un periodo di silenzio mediatico la Xylella fastidiosa, il batterio killer considerato la causa di quello che in gergo viene chiamato Corido “Complesso del disseccamento rapido dell’olivo”, è tornata ad essere l’argomento di conversazione del Salento. È bastato che gli uomini della Forestale facessero capolino in una campagna di Veglie per alcuni prelievi e “campionamenti” da far analizzare che sembra essere improvvisamente tornati indietro nel tempo. Così, eccoli tutti lì al cospetto dei grandi alberi secolari minacciati dal patogeno da quarantena che, è innegabile, soprattutto nella zona di Gallipoli, ha trasformato molti terreni un tempo fruttuosi in cimiteri a cielo aperto. Gli stessi alberi difesi a spada tratta dai contadini in primis che li hanno curati e dai manifestati che al grido «nessuno tocchi gli ulivi» fermarono le eradicazioni, arrampicandosi sui tronchi.
Che si trattasse di un palliativo lo sapevano e lo sanno tutti, ma resta il dubbio su quali misure verranno adottate per evitare che il morbo – che ha già ucciso migliaia di piante dall’Adriatico allo Jonio – si estenda oltre i confini delimitati dal Piano d’emergenza stilato dalla Protezione Civile e firmato dal Commissario straordinario, Giuseppe Silletti, piano sospeso qualche giorno fa una sentenza del Consiglio di Stato. In attesa delle ulteriori misure, tuttavia, diventa impossibile applicare quelle precedenti. E allora perché un proprietario terriero di Veglie ha ricevuto la notifica per l’estirpazione di otto ulivi in una sua campagna in contrada 'La Duchessa', proprio lì dove dal 14 aprile scorso è attivo un presidio di ambientalisti? Una domanda che rischia di rimanere senza risposta e di alimentare ancor più la confusione che si è generata in questi mesi, anzi anni. Dal 2011 per l'esattezza, da quando gli agricoltori notarono rami e foglie secche e lanciarono l'allarme. Dinanzi alle proteste, gli agenti hanno voluto mettere i puntini sulle i, spiegando ai presenti che non si trovavano nei terreni per tagliare ulivi, ma solo per campionarli, impacchettando un certo numero di foglie da analizzare e poi numerando i campioni che saranno inviati ai laboratori accreditati di Valenzano e Locorotondo. Da lì usciranno i verdetti su centinaia di altri alberi.
Come una spada di Damocle, poi, pesano le decisioni dell’Unione Europa che, nel tentativo di arginare l'avanzata del batterio trasportato dalla cicala sputacchina verso nord, ha disposto l'eradicazione degli alberi malati nelle aree infette e di tutte le piante ospiti situate in un raggio di 100 metri.
In questa situazione, non bisogna mai dimenticare che esiste un altro modo per difendere gli ulivi: curarli. Così come sta facendo Copagri che lontano dai riflettori sta portando avanti la sua sperimentazione con prodotti assolutamente biologici e dunque non nocivi né per le piante né per l'uomo. La terapia continua, così come raccontato da Fabio Ingrosso raggiunto telefonicamente da Leccenews24 c'è bisogno di tempo per raccogliere i risultati.