Padova, 3 maggio 1992. Fino a quella calda domenica di primavera Matteo Toffanin, era un ragazzo come tanti. Era perché quel giorno il suo nome verrà ricordato tra le vittime di mafia che non hanno avuto giustizia. Aveva appena parcheggiato la Mercedes 190 bianca che aveva chiesto in prestito allo zio per andare a Jesolo con gli amici, quando fu colpito a morte da alcuni sconosciuti che lo hanno sorpreso mentre si stava scambiando l’ultimo bacio con la fidanzata Cristina. Lei, ferita da un proiettile che le si è conficcato in un ginocchio, si salva per miracolo. Lui muore sotto i colpi sparati a distanza ravvicinata si scoprirà, per uno scambio di persona. Una tragedia spiegata ‘solo’ da una serie di incredibili coincidenze.
L’obiettivo dei killer, rimasti senza volto e senza nome, sarebbe uno degli uomini di Felice Maniero, il boss della Mala del Brenta, che abitava in un condominio vicino a quello di Cristina e guidava un’auto dello stesso modello e colore. Perfino le prime tre cifre della targa erano identiche. Una serie di inquietanti coincidenze che hanno costretto i killer a colpire due ragazzi innocenti. Dovevano ammazzare un’altra persona per fargli pagare uno sgarro e, invece, hanno spezzato la vita ad un giovane per bene che sognava di mettere su casa e di aprire un negozio di computer.
L’agguato
Questa la possibile ricostruzione dell’omicidio. Gli assassini hanno un compito: dovevano far fuori uno che aveva fatto il furbo, uno aveva comprato una partita di droga da piazzare a Padova, ma non aveva pagato il carico. Conoscono il modello dell’auto, dove abita e lo aspettano nell’ombra, all’ora in cui sapevano che sarebbe tornato a casa. Ma in quella Mercedes chiesta da Matteo allo zio perché la sua Lancia era dal meccanico non c’era l’uomo di Faccia d’Angelo con una sfilza di precedenti penali, dal traffico di droga alle rapine, un “pezzo da novanta”, insomma, ma due ragazzi innocenti. Concluso l’agguato con un fucile a canne mozze e un revolver calibro 38 special, i killer fuggono via a bordo di una “Tipo” targata Venezia, probabilmente vantandosi di aver portato a termine il colpo.
Riaperto il caso
Matteo aveva 23 anni e una vita davanti. È morto per uno strano gioco del destino che si è chiuso senza colpevoli. Il caso è stato riaperto dopo anni. La procura di Padova sta provando a dare un volto e un nome ai suoi assassini e ha indagato per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione due elementi di spicco della Mala del Brenta, gente che non andava molto per il sottile. Ma cambia la pista, diventando ‘passionale’. Uno degli uomini finiti nel registro aveva sparato alle gambe al possibile vero obiettivo, perché usciva con la sua donna. Nel codice d’onore della Mala del Brenta non si possono neanche guardare le donne degli altri sodali. «Storie di corna? Non penso proprio ha dichiarato la vittima designata, ora pensionato.
Chissà se un giorno Toffanin avrà giustizia. La stessa che aspetta la famiglia di Cristina Pavesi, uccisa il 13 dicembre 1990.
