Morta dopo due interventi per curare l’obesità, medico finisce sotto processo

Il gup Giulia Proto, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio G.L. 71enne di origini abbruzzesi, con l’accusa di omicidio colposo.

Un medico finisce sotto processo per la morte di una paziente, avvenuta dopo due interventi chirurgici per curare l’obesità.

Il gup Giulia Proto, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio G.L. 71enne di origini abbruzzesi, con l’accusa di omicidio colposo. Dovrà presentarsi il 4 ottobre prossimo dinanzi al giudice monocratico della prima sezione penale, per l’inizio del processo.

L’imputato, assistito dall’avvocato Michele Bonsegna, potrà così dimostrare durante il dibattimento, la propria estraneità dall’accusa di colpa medica per “negligenza, imperizia ed imprudenza”. Intanto i familiari della vittima, la 56enne A.A., si sono già costituiti parte civile.

L’inchiesta

Le indagini, coordinate dal pubblico ministero Francesca Miglietta, hanno preso il via dalla denuncia sporta dai familiari della paziente, deceduta in una clinica privata di Lecce a seguito di “shock settico”.

Secondo l’accusa, anzitutto, il medico sottoponeva la signora ad un’operazione di “by pass gastrico”, nonostante fosse già finita “sotto i ferri’ negli anni precedenti per ben tre volte. Infatti, la donna aveva già subìto, tre interventi di chirurgia bariatrica all’apparato digerente e il medico avrebbe dovuto predisporre un adeguato studio preparatorio, prima di operarla in data 15 novembre del 2016.

Infatti, ritiene il pm, A.A. presentava “fattori di rischio significativo per lo sviluppo di complicanze post-operatorie”. In particolare, G.L. avrebbe dovuto verificare lo stato nutrizionale della paziente in modo da ridurre il rischio di “riaperture” della sutura intestinale (come effettivamente avvenne).

Non solo, poiché quattro giorni dopo, il “camice bianco” sottoponeva A.A. ad un ulteriore intervento, la cosiddetta anastomosi (collegamento tra due tratti intestinali) in un “quadro di peritonite e di addome acuto”. Dunque, secondo il pm, il medico non avrebbe messo in atto le buone pratiche clinico assistenziali, provvedendo all’immediato spostamento dei monconi intestinali all’esterno (stomia). Quest’ultima operazione fu eseguita tardivamente, il 26 novembre, quando le condizioni della paziente erano oramai compromesse.



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