Arriva l’assoluzione con formula piena per il presunto caporale, al termine del processo di Appello sulla morte, dopo un malore, di un bracciante sudanese avvenuta il 20 luglio 2015, nelle campagne tra Nardò e Avetrana, intorno alle 14.00, orario in cui la colonnina di mercurio segnava una temperatura prossima ai 40 gradi.
La Corte d’Assise d’Appello, nella giornata odierna, ha assolto con la formula, “per non aver commesso il fatto”, Mohamed Elsalih, 43enne originario del Sudan, che avrebbe svolto il ruolo di mediatore per gli arrivi in Salento dei braccianti. L’imputato era difeso dagli avvocati Ivana Quarta e Giuseppe Sessa che nel corso dell’arringa difensiva, hanno evidenziato l’estraneità del presunto caporale ai fatti contestati.
In primo grado, la Corte d’Assise di Lecce gli aveva inflitto la pena complessiva di 14 anni e 6 mesi di reclusione per riduzione in schiavitù e omicidio colposo.
Al termine del processo di secondo grado, conclusosi oggi in aula bunker, è venuta meno anche la condanna al risarcimento del danno in separata sede in favore delle parti civili: la moglie della vittima, la Cgil ed il Cidu (Centro Internazionale Diritti Umani) e le aziende Mutti e Conserve Italia.
In primo grado era arrivata la condanna alla stessa pena e per i medesimi reati del presunto caporale, anche per un imprenditore agricolo di Nardò, nel frattempo deceduto ed i giudici hanno pronunciato sentenza di non luogo a procedere per morte del reo.
In base a quanto emerso nel corso delle indagini coordinate dal pm Paola Guglielmi e condotte dai carabinieri del Ros e dagli ispettori dello Spesal, i lavoratori erano costretti a lavorare in condizioni di assoluto sfruttamento. E ciò avrebbe certamente influito sul decesso di Mohammed Abdullah, 47enne, lavoratore stagionale originario del Sudan, che soffriva di una grave forma di polmonite.
Come detto le accuse sono cadute al termine del processo di Appello e le motivazioni si conosceranno entra i prossimi 30 giorni. Ad ogni modo, la Procura generale potrà presentare ricorso in Cassazione.
