Psicologa ritrovata senza vita nel suo appartamento. Condannato un collega per omissione di soccorso

La morte risale alla notte, tra il 17 ed il 18 giugno del 2016. Inizialmente, il pm aveva aperto un fascicolo d’indagine per l’ipotesi di reato di omicidio volontario.

Arriva la condanna per il collega della psicologa Virginia Quaranta, trovata senza vita nel suo appartamento di Lecce, il 18 giugno del 2016. Il giudice Fabrizio Malagnino ha inflitto 1 anno e 4 mesi (pena sospesa ed esclusione dell’aggravante) a R.P.M., 58enne, di un paese del Sud Salento, accusato di omissione di soccorso e presente in aula al momento della lettura del dispositivo. Il giudice ha anche disposto il risarcimento del danno in separata sede ed una provvisionale di 20mila euro in favore del fratello di Virgina Quaranta, 32enne di Diso, che si era costituito parte civile, con l’avvocato Simona Accogli.

Il fratello di Virginia ha accolto con enorme soddisfazione l’esito della sentenza per molteplici fattori ed afferma: “Vorrei ringraziare tutte le figure professionali e non che mi hanno aiutato, complimentarmi e ringraziare il mio avvocato Simona Accogli, il pubblico ministero e la polizia giudiziaria che hanno seguito la vicenda di mia sorella con dedizione ed impegno, andando fino in fondo, fino all’esito di ieri“.

In precedenza, il pubblico ministero Francesca Miglietta aveva invocato la condanna a 9 mesi con l’ulteriore aggravante dei motivi abietti e futili, accolta dal giudice.

R.P.M. era finito sotto processo a seguito di un decreto di citazione diretta a giudizio a firma del pm Miglietta.

Secondo l’accusa, l’uomo era in compagnia di Virginia, nella notte tra il 17 ed il 18 giugno del 2016. E si trovava lì, tra le 2:30 e le 5:30, quando la psicologa è morta a causa di un’ aritmia maligna. E secondo l’accusa, trovatosi di fronte al suo corpo inanimato e pur rendendosi conto del malore, non le avrebbe fornito l’assistenza necessaria e non avrebbe chiamato il personale medico che avrebbe potuto salvarle la vita.

L’imputato è assistito dall’avvocato Francesca Conte. Il legale, a margine della sentenza, afferma: “Le sentenze vanno rispettate, ma attendiamo di leggere le motivazioni, appena verranno depositate, perché ci sono margini per presentare ricorso in Appello”.

L’inchiesta

Inizialmente, il pm aveva aperto un fascicolo investigativo con l’ipotesi di reato di omicidio volontario. Nel registro degli indagati era finito il nome del collega della psicologa. In effetti, gli accertamenti condotti dagli uomini della Squadra Mobile della Questura di Lecce, sarebbero giunti ad una prima conclusione: il professionista aveva trascorso la notte precedente alla morte della 32enne, in compagnia di quest’ultima.

Questi avrebbe però riferito agli inquirenti di avere trovato Virginia già morta nel suo letto, la mattina successiva. L’uomo non avrebbe però allertato i soccorsi presumibilmente per paura che i sospetti potessero ricadere su di lui.

Furono, invece, alcuni colleghi della psicologa, preoccupati che la 32enne non si fosse presentata ad un appuntamento senza avvisare, a trovare il suo corpo senza vita, disteso sul letto.

Sul comodino, diverse confezioni di farmaci. In camera gli inquirenti notarono uno «strano disordine», a differenza del resto della casa elegante e ordinata. Una confusione che sembrava ‘stonare’ con l’ipotesi di una morte naturale. Così furono sequestrati i telefonini e i computer di Virginia e del collega controllando chiamate, mail e messaggi. Al termine degli accertamenti non sarebbero però emersi elementi che suffragassero l’ipotesi dell’omicidio.

Anche le conclusioni del medico legale avevano confermato la pista della morte tragica, ma naturale. Aritmia cardiaca: era l’ipotesi ventilata dal dr. Alberto Tortorella dopo l’autopsia. Sul corpo della donna, non venne riscontrato alcun segno di violenza.

 



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