Non fa curare il cane affetto da tumore, condannato 42enne originario di Gagliano del Capo a 10mila euro di multa

La sentenza emessa nella giornata di ieri da parte degli “ermellini”. L’uomo era già stato condannato a pagare la sanzione dalla Corte d’Appello di Bologna. A darne notizia l’associazione “Sportello dei Diritti.

La Cassazione, ha sancito una nuova massima di diritto a tutela degli amici quattro zampe: rischia di essere condannato per il reato di maltrattamenti di animali chi non assicura cure veterinarie al suo cane, esponendolo a sicure sofferenze fisiche. E ne risponde a titolo di dolo nel senso che accetta consapevolmente il rischio dell’aggravarsi della patologia. A rendere nota questa decisione dei giudici della Cassazione l’Associazione Sportello dei Diritti.

Con una sentenza, la 22579, emessa nella giornata di ieri, la Suprema Corte ha confermato la multa di 10 mila euro a carico del proprietario – un 42enne originario di Gagliano del Capo – di una cagnolina con evidenti tumori alle mammelle.

Gli Ermellini in calce al loro dispositivo sanciscono un nuovo principio di diritto secondo cui: «configura la lesione rilevante per il delitto di maltrattamento di animali, art. 544 ter, in relazione all’art. 582, cod. pen., l’omessa cura di una malattia che determina il protrarsi della patologia con un significativo aggravamento fonte di sofferenze e di un’apprezzabile compromissione dell’integrità dell’animale».

Il proprietario ha risposto a titolo di dolo generico e i tentativi della difesa di smontare l’impianto accusatorio sono stati vani, il legale dell’uomo ha sostenuto che gli si poteva rimproverare la “trascuratezza”, ma non la “volontà di cagionare una sofferenza e una malattia al suo cane”.

“Nel reato di maltrattamento di animali, la nozione di lesione, sebbene non risulti perfettamente sovrapponibile a quella prevista dall’art. 582 cod. pen., implica comunque la sussistenza di un’apprezzabile diminuzione della originaria integrità dell’animale che, pur non risolvendosi in un vero e proprio processo patologico e non determinando una menomazione funzionale, sia comunque diretta conseguenza di una condotta volontaria commissiva od omissiva”.

Il ricorrente ritiene che la malattia non sia stata cagionata da lui (massa tumorale), ma la Cassazione ha ritenuto che correttamente la Corte di Appello di Bologna abbia rilevato che “la mancata sottoposizione del cane alle idonee cure aveva comportato sicuramente gravi sofferenze all’animale” e “l’assenza di cure deve ritenersi dolosa, intenzionale e non colposa, in quanto la condizione della cagnetta era riscontrabile in maniera evidente”.

“La cagnolina – evidenzia Giovanni D’Agata, presidente dello ‘Sportello dei Diritti’ –  era stata trovata dagli operatori del canile di Modena ‘vagante ed in pessime condizioni di salute, accertate dal medico del servizio Veterinario Ausl di Modena in vari tumori mammari di grosse dimensioni e ulcerati, dermatite in varie zone del corpo, calli da decubito e artrosi agli arti posteriori e anteriori’.



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