Omicidio di Collepasso, Vittorio Leo conferma il suo racconto dell’orrore. Resta in Carcere

Nell’interrogatorio di convalida, Vittorio Leo ha risposto alle domande del Giudice, ma non ha aggiunto altri dettagli al suo racconto dell’omicidio del padre.

L’interrogatorio di convalida del fermo e l’autopsia sul corpo carbonizzato di Antonio Leo – il 90enne di Collepasso morto divorato dalle fiamme mentre il figlio Vittorio, accusato dell’omicidio, non ha mosso un dito per salvarlo perché ‘paralizzato dalla paura’ – saranno fondamentali per ricostruire il quadro in cui è maturato il terribile delitto che si è consumato in una villetta a due piani di via Don Luigi Sturzo. Sono ancora tanti, infatti, i punti oscuri rimasti da chiarire: se ci sia stata una qualche ‘premeditazione’, per esempio.

L’agente immobiliare, assistito dall’avvocato Francesca Conte, ha risposto alle domande del Giudice delle Indagini Preliminari, Giovanni Gallo. Ha ricostruito, ancora una volta, quei drammatici momenti, prima della chiamata al 112 che ha permesso di scoprire l’accaduto quando ormai era troppo tardi. Ha parlato, senza aggiungere altri dettagli alla sua precedente ‘confessione’.

Il racconto dell’orrore

Ai carabinieri e al pubblico ministero Luigi Mastroniani, Vittorio ha dichiarato che non aveva nessuna intenzione di dare fuoco al padre. Ha parlato di un incidente. Ha raccontato di aver spruzzato dell’alcool con cui si stava medicando una ferita contro il genitore durante l’ennesima lite, nata quando ha ascoltato, ancora una volta, le sue accuse. «Sparisci dalla mia vista», avrebbe detto l’anziano, scatenando la sua furia.

Eppure – come raccontano i dettagli inquietanti di quella confessione – non ha mosso un dito mentre il 90enne, avvolto dalle fiamme, cercava di spegnerle trascinandosi in bagno. Anzi, per calmarsi si è preparato un piatto di rigatoni al ragù mentre il padre, privo di vita, era riverso sul pavimento, ucciso dal fuoco e dai dolori atroci che deve aver provato. Dopo aver pranzato, ha ripulito la cucina, ha lavato il pavimento e si è disfatto della bottiglietta di alcool.

Non solo, ha staccato il telefono e i quadri elettrici dell’appartamento per evitare che potesse citofonare qualcuno. Poi ha aperto le tapparelle e le finestre «per far andare via il fumo e l’odore acre».

Il movente? Il caratteraccio dell’anziano, insegnante in pensione. L’uomo non gli avrebbe mai perdonato il fatto di aver interrotto gli studi di ingegneria. Non si era mai laureato come la sorella, “la preferita”, medico psichiatra che da anni vive e lavora in provincia di Roma.

Importante, a questo punto, sarà l’autopsia, che si svolgerà lunedi prossimo. Toccherà al medico legale fare luce sulle tante domande ancora senza risposta. E se il pensionato fosse stato ucciso o tramortito prima che il figlio gli desse fuoco? Se le fiamme hanno avvolto l’anziano in cucina perché il corpò è stato trovato in bagno? Se avesse chiesto aiuto quando si è verificato ‘l’incidente’, l’epilogo sarebbe stato diverso?

Il Gip, intanto, ha convalidato l’arresto in carcere per il 48enne, dove è finito per omicidio volontario aggravato dalla circostanza che la vittima sia il genitore.