«Ho ammazzato io Stefano Leo». Le lancette dell’orologio avevano da poco segnato le 15.00, quando un 27enne italiano, ma nato in Marocco ha bussato alla porta della Questura di Torino per raccontare agli uomini in divisa di essere stato lui a togliere la vita al 33enne di Biella, di origini salentine, sgozzato cinque settimane fa sul lungo Po Machiavelli.
Erano le 11.00 di sabato, 23 febbraio quando si è consumata la tragedia. Stefano stava andando a lavorare, come ogni mattina. Faceva il commesso in un negozio d’abbigliamento di piazza Cln, dopo un lungo periodo trascorso all’estero, tra Cina, Giappone e Australia. Ascoltava la musica nelle cuffiette, senza sapere che stava andando incontro al suo aguzzino. Improvvisamente è stato colpito: un solo fendente alla gola, inflitto senza pietà, che si è rivelato fatale.
«L’ho visto e mi sembrava felice»
Sul movente ancora non ci sono certezze, difficile riuscire ad accettare che sia stata la ‘felicità’ a dare fastidio. «Ho scelto di ammazzare lui, perché l’ho visto e mi pareva troppo felice per poter sopportare io la sua felicità. Volevo uccidere un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, toglierlo dai suoi figli e dai suoi parenti» sono le parole choc di Said Mechaout, questo il nome del killer, che sembra fosse depresso per la separazione dalla ex moglie.
«Quella mattina – avrebbe confessato – ho deciso che avrei ucciso qualcuno. Sono andato a comprare un set di coltelli, li ho buttati tutti tranne il più affilato. Poi sono andato ai Murazzi e ho aspettato. Quando ho visto quel ragazzo ho deciso che non potevo sopportare la sua aria felice». Con una separazione alle spalle, a causa probabilmente del suo carattere violento, era tornato da poco a Torino. Non aveva un lavoro né una casa.
Durante il lungo interrogatorio con i carabinieri titolari dell’indagine, il marocchino ha ricostruito il giorno dell’omicidio. Sembrava lucido, non pentito o almeno questro trapela. Quando è uscito dalla Caserma del Comando provinciale di via Valfré, ha fatto le corna ai fotografi.
Trovato il coltello usato
Dopo aver ucciso senza un apparente motivo, l’assassino ha conservato il coltello, nascondendolo in una cabina dell’elettricità in piazza D’Armi (dove lo ha fatto ristrovare). «Avrei potuto usarlo di nuovo ed è per questo che mi sono consegnato», ha detto il 27enne, che ha ancora ammesso: «Mi sono costituito perché altrimenti non mi sarei fermato. O mi sarei ammazzato io, o avrei colpito ancora».
