
È stata sgozzata con un coltello da cucina, Teresa Russo, la 57enne di Trepuzzi trovata in una pozza di sangue, riversa per terra e senza vita, all’interno della sua abitazione di via Generale Papadia.
Sul corpo erano ben visibili i segni delle coltellate inferte all’addome e al torace dal marito, Michele Spagnuolo, 77ennne, al culmine di una lite. Una letale: quella al collo, troppo profonda per sperare che si salvasse. Per la donna, trovata in una pozza di sangue, non c’è stato più nulla da fare. Quando l’ambulanza del 118 ha raggiunto l’abitazione, i sanitari non hanno potuto far altro che constatarne il decesso.
I sospetti
È sul marito pensionato (ex impiegato dell’aeronautica civile a Villafranca, in provincia di Verona) che si sono concentrati i sospetti, fin da subito. Quando è stato scoperto il cadavere della donna, impiegata in un ufficio postale del posto, in molti hanno notato la sua “assenza”. Aveva fatto perdere le sue tracce, ma la fuga (se di fuga si tratta) è durata poco. È stato rintracciato dagli uomini in divisa, mentre vagava tra le stradine del paese a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Ora si trova in Caserma, dov’è in corso l’interrogatorio alla presenza di un interprete della lingua dei segni. È sordomuto, come la moglie.
Difficile, almeno per il momento, ricostruire le fasi che avrebbero portato l’uomo a commettere l’omicidio. Prima di far perdere le sue tracce il pensionato aveva lasciato un bigliettino sul portone della Caserma in cui indicava il luogo e il nome della vittima di un omicidio. Per questo i carabinieri si sono “presentati” in casa della donna.
Un delitto efferato che ha sconvolto l’intera comunità locale. Toccherà ora ai carabinieri del Nucleo investigativo di Lecce, intervenuti sul posto insieme agli uomini della Scientifica, ai colleghi di Trepuzzi e Campi Salentina, per i rilievi di rito, fare chiarezza.
Anche il sostituto procuratore di turno, Luigi Mastroniani, si è recato nell’abitazione per un sopralluogo insieme al medico legale Alberto Tortorella. Cinque le coltellate trovate sul corpo della vittima, di cui una mortale alla gola, nel corso dell’esame esterno cadaverico.
Nelle prossime ore, saranno riascoltati parenti e vicini di casa per tentare di ricostruire il rapporto tra i due coniugi. Casi come questi insegnano che spesso quello che viene mostrato agli altri, non rispecchia mai quello che si nasconde tra le mura di casa.
Secondo indiscrezioni, il delitto sarebbe stato l’ultimo atto di una lite scoppiata tra i due coniugi, l’ultima di una lunga serie. Si dice che i rapporti fossero tesi da tempo. I due dormivano in camere separate ed erano in procinto di separarsi ufficialmente, dopo trent’anni di matrimonio. Questa volta, però, l’epilogo è stato tragico.
La coppia ha un figlio di 28 anni, che vive a Rimini.
Il sindaco: “Denunciate”
«Teresa non avrebbe mai denunciato il marito – ha dichiarato il primo cittadino Giuseppe Taurino – né ci sono state segnalazioni ai servizi sociali, ma si sapeva in Paese che tra i due i rapporti erano tesi. Alla sua interprete, la donna avrebbe confidato l’intenzione di separarsi ufficialmente e le sue paure. Per questo dico, abbiate il coraggio di parlare perché solo quando avvengono tragedie simili si capisce la pericolosità di certe situazioni»
Filomena D’Antini: “la politica deve fare di più”
«La Mediazione Familiare per guidare i coniugi a gestire i conflitti deve diventare legge. Solo cosi le coppie non si sentiranno più sole» ha dichiarato, in una nota, la consigliera di parità della Provincia di Lecce che ha riacceso i riflettori sulla certezza alla pena.
«Chi delinque, chi uccide, chi priva della vita una moglie o una compagna o una figlia sa per certo che, dopo qualche tempo in carcere, torna libero! Il mio appello va, pertanto, al Governo che deve darsi una mossa e mettere in programma, tra le priorità, la Riforma della Giustizia anche alla luce di quanto ormai disposto dall’ONU: il femminicidio rappresenta, senza se e senza ma, una grave violazione dei diritti umani. E allora, la pena deve essere certa, occorre contare su misure sanzionatorie efficaci, soltanto dopo pensare al percorso riabilitativo dei detenuti, percorso che deve sempre esserci, ma che deve essere preceduto da adeguate normative in tema di carcerazione».
«Penso alla carcerazione preventiva che possa scattare nel momento in cui viene segnalato un gesto di violenza. Ad oggi vi sono strumenti a mio avviso poco efficaci per proteggere chi è vittima di violenza o minacce, e tale l’incertezza scoraggia le vittime a denunciare – conclude amara la Consigliera di Parità– E poi: accorciamo i termini di un processo perché se a causa di lungaggini procedurali il reato si prescrive, il reo rimane impunito. Una conseguenza semplice e altrettanto atroce».