
All’esito delle indagini delegate dalla Procura della Repubblica di Lecce, coordinate dal Procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone, è stato avviato il sequestro – disposto dal GIP Alcide Maritati – di sette pescherecci impiegati per l’asportazione delle oloturie dai fondali marini, nonché dei locali in uso ad una società con sede a Gallipoli, utilizzati per lo stoccaggio e la lavorazione degli organismi marini. Contestualmente, sono in corso di svolgimento numerose perquisizioni locali nei confronti dei nove soggetti a vario titolo indagati. Le operazioni, eseguite in modalità congiunta da militari della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza di Gallipoli, sono state l’epilogo del percorso investigativo svolto. Secondo le ipotesi della Magistratura, l’accusa riguarda il reato di inquinamento ambientale per aver cagionato un significativo deterioramento del tratto di mare nel luogo in cui le oloturie furono asportate.
Le indagini traggono origine dal sequestro di circa 11 tonnellate di oloturie di mare, trovate dalla Guardia Costiera di Gallipoli il 15 dicembre 2015 su un autoarticolato fermato per un controllo lungo la strada provinciale Lecce-Gallipoli. Ne scaturì un accurato approfondimento investigativo – delegato alla Guardia di Finanza di Gallipoli e condotto tramite numerosi controlli presso alcune società cooperative di Gallipoli, Vernole, Melendugno, Lecce e Castro – ma anche in aziende con sede nella provincia di Brindisi e Taranto. All’esito delle operazioni venne accertata la commercializzazione di circa 200 tonnellate di oloturie di mare e scoperta la compagine di quei pescatori eseguirono materialmente l’asportazione delle oloturie dai fondali salentini.
Dagli elementi ricostruiti è emersa l’esistenza di un sistema in cui la massiccia cattura di oloturie fosse finalizzata alla vendita a società greche, che, a loro volta, le destinavano ai mercati asiatici nei quali risulta elevata la richiesta di questa specie utilizzata per finalità cosmetiche, oltre che alimentari. Il sequestro dei pescherecci è stato disposto dall’autorità giudiziaria per evitare il protrarsi della cattura abusiva della specie protetta. L’ipotesi di reato contestata, inquinamento ambientale, è un’assoluta novità se legata alla fattispecie accertata nel corso delle indagini.
La contestazione scaturisce anche dall’analisi di uno studio del CNR-IAMC acquisito dagli inquirenti, in relazione al quale è configurabile un concreto pericolo per l’ecosistema marino qualora ingenti quantità del mollusco dovessero essere sottratte dall’ambiente marino. Difatti le oloturie vengono definite come “organismi detritivori” poiché ingeriscono sedimenti del fondo marino al fine di nutrirsi di batteri ed altri microorganismi patogeni in essi presenti, fungendo quindi da “biorimediatori naturali” capaci di depurare in maniera “eco-friendly” i batteri presenti nell’ambiente marino.