Un’ambulanza ferma per ore davanti al Pronto Soccorso di Gallipoli, un’anziana con il braccio fratturato lasciata sulla barella, il racconto di ore vissute con ansia dai familiari: una storia che, negli ultimi giorni, ha fatto il giro delle cronache locali e nazionali. Sul caso — che ha fatto non poco discutere, come accade sempre quando si tocca la sanita — è intervenuta anche la Asl di Lecce per un chiarimento. L’Azienda Sanitaria ha voluto precisare i contorni della vicenda, sottolineando che non c’è stato (o non ci sarebbe stato) “abbandono” né mancanza di cure, ma solo il rispetto di regole ben precise che stabiliscono priorità e garantiscono che chi rischia davvero la vita sia soccorso per primo.
Una frattura, non un’emergenza. La ricostruzione dei fatti della Asl
L’anziana, stando alla ricostruzione della Asl si sarebbe presentata, in tarda mattinata, a bordo di una ambulanza India, mezzo di soccorso avanzato equipaggiato con infermiere e autista-soccorritore. “In questo, come in moltissimi casi — si legge — duole constatare il ricorso al 118 per situazioni a bassa complessità clinica, come una sospetta frattura al braccio”. Diagnosi confermata dopo gli accertamenti, tanto che è stato necessario e “assicurato” il ricovero in Ortopedia.
Il peso dei codici minori
C’è poi il capitolo dell’attesa. “Le lunghe attese — precisano — sono legate all’iperafflusso di codici minori, come nel caso della signora che è arrivata al Sacro Cuore di Gallipoli con un codice verde che, come noto, indica una situazione clinica stabile senza rischio evolutivo e a bassa priorità, differibile dopo i codici rosso, arancio, azzurro”. Tradotto: in quel momento, probabilmengte, c’erano altre urgenze. L’attesa, quindi, non sarebbe dovuta a negligenze, ma alla necessità di gestire le emergenze secondo criteri di priorità.
Il dato fornito dall’Azienda sanitaria per dimostrare quanto detto parla da solo: nei mesi estivi, luglio e agosto, il 57% degli accessi nei Pronto Soccorso della ASL Lecce è rappresentato da codici verdi. “Numeri che dimostrano l’uso improprio, e spesso ingiustificato, del 118 e del Pronto Soccorso, con conseguente pressione sul sistema e inevitabili attese per chi, pur non essendo in pericolo di vita, richiede comunque cure”.
“È innegabile – sottolinea la nota – che il ricorso ai servizi di emergenza per situazioni a bassa complessità clinica comporti un sovraccarico che incide negativamente sulla rapidità di risposta per i casi realmente urgenti”.
“La donna anziana è vero che è rimasta in ambulanza alcune ore prima di ricevere gli approfondimenti necessari, ma vero anche che a lei, come a qualsiasi altra persona in attesa, al bisogno viene dispensata acqua. E si aggiunga che l’ospedale di Gallipoli è dotato di bar e di distributori automatici per cibo e bevande, raggiungibili da parenti e accompagnatori dei pazienti in attesa.
In considerazione del fatto che l’anziana fosse un codice verde (dopo c’è solo il codice bianco che indica non criticità/non urgenza), i tempi registrati – dall’accettazione sino al trasferimento dal Pronto Soccorso all’Ortopedia – hanno assicurato una presa in carico globale congrua per i carichi di lavoro presenti, le risorse umane in turno, la priorità clinica delle persone complessivamente afferite”.
La riflessione della ASL va oltre il singolo episodio: “Certamente si vorrebbero ridurre le attese, migliorare il rapporto numerico professionisti/pazienti, mettere a disposizione luoghi di massimo comfort, disporre di posti letto per quante sono le persone che con appropriatezza clinica ne hanno bisogno (il Salento e Gallipoli, in estate, hanno una pressione turistica che stressa qualsiasi adeguata dotazione logistica, strumentale, professionale): vorrebbe dire migliorare la qualità delle cure e migliorare la qualità di lavoro. Tutte questioni che investono la sanità dell’intero Paese e sulle quali ciascuno deve agire al meglio delle proprie capacità, energie e responsabilità”.
Contro sensazionalismo e cattiva informazione
Secondo la Asl gli articoli sensazionalistici, da una parte, e le dichiarazioni dettate, forse, dalle preoccupazioni di salute di familiari, dall’altra, non aiutano né educano a ricorrere con appropriatezza ai servizi di emergenza-urgenza e a fruire dei servizi diffusi nel territorio (assistenza turistica, continuità assistenziale, medicina generale e pediatria di scelta).
Un messaggio chiaro, che chiama in causa non solo gli operatori sanitari ma anche i cittadini, invitati a fare la propria parte per non trasformare i Pronto Soccorso in luoghi di attesa infinita e per garantire a tutti, nei tempi giusti, il diritto alla cura.
