Dopo la frisa d’oro, il calzone ‘salato’: all’aeroporto di Brindisi costa quasi 5 euro

Dopo la polemica sulla frisa d’oro, a dare “scandalo” è il panzerotto (o calzone) venduto a 5 euro (4,90 euro per la precisione) all’aeroporto di Brindisi. Lo Sportello dei Diritti: basta speculazioni!

Mentre il conto pagato da un cliente di un lido di Torre Lapillo per due friselle assaporate in riva al mare sta facendo ancora discutere i frequentatori dei social, divisi tra chi considera il prezzo “giusto” considerando il servizio sotto l’ombrellone e chi, invece, grida allo scandalo, un’altra notizia rischia di alimentare le polemiche sul turismo salentino, scoppiate con il frisa-gate. Secondo quanto denunciato dallo Sportello dei Diritti, infatti, anche il prezzo di uno degli steet-food pugliesi più amati pare essere lievitato. E non di poco. Protagonista della querelle, questa volta, sarà il calzone, come viene chiamato a Lecce o panzerotto come è conosciuto a Bari. Bene, questa prelibtezza tutta nostrana è costata cara ad una turista bolognese.

Calzone a 5 euro

Nel punto di ristoro a marchio “Autogrill” dell’aeroporto di Brindisi, uno scalo “obbligatorio” per migliaia di viaggiatori che raggiungono e ripartono dal Salento, i panzerotti fritti sarebbero stati venduti a quasi 5 euro (4,90 per la precisione) come dimostra la foto dello scontrino che una turista bolognese ha invitato all’associazione che tutela i consumatori guidata da Giovanni D’Agata.

Un’altra pietra dello scandalo che rischia di alimentare l’immagine di un Salento troppo caro e inaccessibile per i suoi prezzi.

«Anche se l’acquisto di qualsiasi prodotto in aeroporto o in autostrada è sempre un po’ “pompato” dall’impossibilità di una scelta concorrenziale, quando la speculazione o “libero mercato” che dir si voglia, arriva a tal punto è giusto dire “Basta!”» ha affermato Giovanni D’Agata, il presidente dello “Sportello dei Diritti” che ha voluto lanciare un appello ‘singolare’: «se nessun’autorità può intervenire per fermare quest’andazzo, allora l’unica forma di protesta rimasta è quella della libera scelta di ciascuno di noi di non comprare più da coloro che vendono prodotti che normalmente costano meno di 1/3 se acquistati altrove».