Militare morto in ospedale, dopo un ciclo di chemioterapia. Cinque medici a processo

Gli imputati potranno difendersi dalle accuse nel corso del dibattimento. I familiari della vittima, durante l’udienza preliminare, si sono costituiti parte civile.

Ospedale Vito Fazzi di Lecce, esterno (ph. Giuseppe Greco)

Dopo l’inchiesta sulla morte all’ospedale di Lecce, di Francesco Sebastio, sottufficiale 59enne della Marina militare di Taranto, deceduto nel gennaio di due anni fa, dopo essersi sottoposto ad un ciclo di chemioterapia, cinque medici sono finiti sotto processo.

Nella giornata di oggi, il gup Maria Francesca Mariano, al termine dell’udienza preliminare, ha accolto l’istanza del pm Alessandro Prontera. Il giudice ha rinviato a giudizio due medici, difesi dagli avvocati Gianluca D’Oria e Francesco De Jaco, per lesioni colpose. Gli altri tre “camici bianchi”, difesi dagli avvocati Viola Messa e Giuseppe Dello Russo, sono finiti a processo per omicidio colposo.

In base a quanto riportato nel capo di imputazione, i primi due medici che ebbero in cura l’uomo: “Per negligenza, imprudenza e imperizia, omettevano di monitorare adeguatamente il quadro clinico pre-chemioterapico e le condizioni effettive di salute”.

Gli altri tre medici, sulla scorta delle conclusioni dell’autopsia effettuata dal medico legale Biagio Solarino, e sempre secondo l’accusa: “Provvedevano a somministrargli terapia anticoagulante, in un dosaggio inappropriato”. E omettevano: “Di ponderare e individualizzare rispetto al concreto quadro clinico del paziente la profilassi del tromboembolismo”. Ciò sarebbe avvenuto, in violazione delle linee guida. E si arrivò poi al decesso dell’uomo in ospedale.

L’inchiesta partì dalla denuncia dei familiari del militare. L’uomo, affetto da linfoma di Hodgkin, si sottopose ad un ciclo di chemioterapia. Tornò per un periodo a casa, ma ben presto accusò forti dolori e febbre, che resero necessario il ricovero d’urgenza all’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Il militare, finito nel reparto di Rianimazione, morì il 20 gennaio del 2023.

Vennero iscritti, come atto dovuto, undici nomi nel registro degli indagati, tra camici bianchi e personale sanitario. In seguito, il pm stralciò sei posizioni e chiese il rinvio a giudizio, accolto in queste ore dal giudice, per altri cinque medici.

Gli imputati potranno difendersi dalle accuse nel corso del dibattimento.

I familiari della vittima, durante l’udienza preliminare, si sono costituiti parte civile.



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