
Finiscono sotto processo con rito ordinario in quattro, dopo gli arresti sulle presunte richieste estorsive ad un imprenditore, con la complicità di un commercialista, facendo leva su conoscenze nel clan Coluccia. Nelle scorse ore, il gup Silvia Saracino, al termine dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio: L.P.. 56enne di Noha; M.B., 43 anni di Seclì; il commercialista A.R.C., 46enne di Aradeo: I.S. 46 anni di Sannicola. Il giudice ha dunque accolto l’istanza del pm della Direzione distrettuale antimafia, Giovanna Cannarile.
La prima udienza è fissata per il 6 dicembre davanti ai giudici della seconda sezione collegiale. Gli imputati potranno difendersi dalle accuse nel corso del dibattimento.
Invece, M. B., 66 anni residente in provincia di Nuoro, sarà giudicato attraverso il rito abbreviato, con l’esame dell’imputato, che si celebrerà il 26 gennaio del 2024.
Gli imputati rispondono delle ipotesi di reato di estorsione, tentata estorsione, aggravata dal metodo mafioso e utilizzo indebito di strumenti di pagamento diversi dai contanti.
Sono difesi dagli avvocati Luigi Greco, Americo Barba, Raffaele Di Staso, Anna Elisa Prete, Alessandro De Matteis.
Alcune presunte vittime di estorsione si sono costituite parte civile, assistiti tra gli altri, con l’avvocato Antonio Cerfeda.
Va detto che nel giugno scorso, i finanzieri del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria (Gico) di Lecce –guidati dal Tenente Colonnello Giulio Leo – eseguirono un provvedimento di misura cautelare, personale e interdittiva (un arresto in carcere, un arresto ai domiciliari e una sospensione dall’esercizio della libera professione), emesso dal gip Antonio Gatto su richiesta del pm della Dda, nei confronti di tre persone.
L’indagine, avviata nel gennaio 2023, ha avuto origine dalla denuncia presentata da un imprenditore, sottoposto a una serie di presunti atti intimidatori, eseguite da un proprio dipendente, coadiuvato da un amico pregiudicato, entrambi ritenuto contigui al clan “Coluccia” di Noha (frazione di Galatina).
In un caso, le condotte sarebbero state realizzate con la complicità del commercialista che curava le scritture contabili della società dell’imprenditore.
Il professionista, infatti, avrebbe spalleggiato il dipendente infedele per convincere la vittima a cedere alle richieste estorsive ed a dare avvio a una nuova società, con il dipendente e i suoi due figli.
Nel corso delle indagini, sarebbero state ricostruite consegne di denaro per circa 18 mila euro e utilizzi indebiti con la carta di credito aziendale per ulteriori 7.500 euro ai danni dello stesso imprenditore, operante nel settore nautico, nonché un’ulteriore presunta estorsione ai danni di altro imprenditore salentino, costretto ad una dazione di 3.000 euro, e due tentativi di estorsione in danno di privati, con pregressi debiti da onorare.
Tutte le condotte sarebbero avvenute, anche facendo ricorso alla forza di intimidazione derivante dalla vicinanza al “clan Coluccia”.
Tali accuse dovranno essere vagliate nel corso del dibattimento.