Le banche italiane prestano sempre meno soldi al sistema delle imprese. L’appello di Federaziende

Nel rapporto mensile dell’Abi, a novembre 2023, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 3,4% rispetto a un anno prima.

Un banchiere è uno che vi presta l’ombrello quando c’è il sole e lo rivuole indietro appena incomincia a piovere‘. L’aforisma di Mark Twain più che essere un luogo comune rischia di trasformarsi, a distanza di tanti decenni, nella cartina al tornasole dei tempi moderni. I dati, purtroppo, non mentono e Federaziende guarda la realtà con lenti di verità che soltanto i numeri possono dare. Essere preoccupati come Simona De Lumè ed Eleno Mazzotta, rispettivamente presidente e segretario generale della Confederazione nazionale delle piccole e medie imprese, dei lavoratori autonomi e dei pensionati, per il momento che stanno vivendo le piccole e medie aziende italiane, soprattutto quelle del Mezzogiorno, è il minimo sindacale, tanto per restare in tema.

Già, perché la Banca d’Italia ha registrato a novembre 2023 una significativa riduzione su base annua dei prestiti verso le società non finanziarie.

A soffrire questa situazione sono in particolare le micro e piccole imprese, endemicamente più dipendenti dal credito bancario.

Per uscire dalla stagnazione o dalla crescita irrilevante servono investimenti, ma se non si fanno prestiti al sistema imprenditoriale e commerciale diventa impossibile raggiungere l’obiettivo.

L’appello di Federaziende

È per questo che Federaziende chiede alle banche di evitare gli irrigidimenti che rischiano di soffocare la gran parte del tessuto produttivo locale. Magari sarebbe anche il caso di tagliare i tassi d’interesse considerato il drastico calo dell’inflazione. Anche perché una domanda sorge spontanea: che fine ha fatto tutta la liquidità immessa nel sistema? Nella pancia di chi è finita?

Siamo nella classica situazione del cane che si morde la coda: più si evidenzia il calo dei prestiti bancari a seguito del rallentamento della crescita economica, più le aziende entrano in crisi, più si deprime la domanda interna.

In altri Paesi europei la struttura di finanziamento delle piccole e medie imprese ha subito dei drastici cambiamenti. Per esempio, sono fortemente aumentati i finanziamenti erogati da istituti non bancari; le aziende ricorrono maggiormente a prestiti familiari, da parte di amici o azionisti e al leasing. Nonostante questa tendenza alla disintermediazione, i finanziamenti bancari rimangono la principale fonte di finanziamento. E ciò è vero anche in Italia che oltretutto ha le sue peculiari specificità nell’ accesso al credito. Se le banche vengono meno al loro ruolo i rischi sono tanti. E non solo di natura economica.

L’importanza del credito

Il credito è un elemento fondamentale per la salute finanziaria di qualsiasi azienda. Il credito è la capacità dell’azienda o di un privato di ottenere prestiti o finanziamenti da terzi, come banche, fornitori o investitori.

L’importanza del credito per un’azienda può essere suddivisa in quattro aspetti principali:

Finanziamento: il credito consente alle aziende di ottenere finanziamenti per coprire i costi di produzione, investire in nuovi progetti e ampliare il business.

Flessibilità: il credito offre all’azienda la flessibilità finanziaria di adattarsi alle fluttuazioni del mercato e alle esigenze dei clienti.

Credibilità: il credito può migliorare la credibilità dell’azienda agli occhi dei fornitori, dei clienti e degli investitori.

Crescita: il credito può aiutare le aziende a crescere e a espandersi.

Certo, è importante che l’azienda utilizzi il credito con saggezza e non accumuli debiti che non possa ripagare. Ma il ruolo della banca è anche questo: saper scegliere, dati alla mano, progetti di sviluppo sul tavolo, a chi prestare e a chi no.

I preoccupanti dati italiani

Nel rapporto mensile dell’Abi, a novembre 2023, i prestiti a imprese e famiglie sono scesi del 3,4% rispetto a un anno prima, mentre ad ottobre 2023 avevano registrato un calo del 3,3%, quando i prestiti alle imprese erano diminuiti del 5,5% e quelli alle famiglie dell’1,1%.

Salgono, invece, a novembre i tassi sui prestiti bancari e i mutui. Come si legge nel rapporto mensile Abi il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni è stato il 4,48%, ad ottobre era il 4,35%.
Il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese è stato del 5,55%, ad ottobre era il 5,46%. Il tasso medio sul totale dei prestiti è stato del 4,75%, ad ottobre era 4,71%.
Sale ancora il tasso praticato dalle banche sui nuovi depositi a durata prestabilita, mentre resta stabile quello sui conti correnti. Come si legge nel rapporto Abi a novembre 2023 sui depositi a durata il tasso è salito al 3,81%. Ad ottobre 2023 tale tasso era in Italia superiore a quello medio dell’area dell’euro (Italia 3,75%; area dell’euro 3,54%).

Insomma, rispetto a giugno 2022, quando il tasso era dello 0,29% (ultimo mese prima dei rialzi dei tassi Bce), l’incremento è stato di 352 punti base.

Il tasso sui soli depositi in conto corrente è cresciuto allo 0,51% dallo 0,50% di ottobre, tenendo presente che il conto corrente permette di utilizzare una moltitudine di servizi e non ha la funzione di investimento.

Insomma, se le banche non smettono di irrigidire il sistema dei prestiti e del finanziamento, il rischio è che si geli ogni piccolo germoglio di crescita. Ovvie le ripercussioni sull’occupazione e sullo sviluppo. Prendersela con la Bce per l’alzamento dei tassi in direzione antinflazionistica non basta più. Occorre più flessibilità. E anche più responsabilità.



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