Omicidio Castri, le ultime ore di vita di Donato Montinaro

Le ultime ore di vita del falegname di Castri trovato senza vita nella sua abitazione sono ricostruite nell’ordinanza del Gip Laura Liguori

Nell’ordinanza è possibile leggere anche la ricostruzione delle ultime ore di vita di Donato Montinaro, il falegname di Castri trovato senza vita nella sua abitazione che si affaccia su via Roma. L’orologio aveva da poco segnato le 20.48 quando i tre si sono presentati in casa del pensionato. Una visita annunciata da una telefonata che 10 minuti prima aveva fatto Angela Martella, finita in carcere insieme ai complici Patrizia Piccinni e Antonio Esposito.

Una volta accomodati, hanno imbavagliato Montinaro con un lenzuolo e una maglietta. E per evitare che si liberasse, hanno fermato il tutto con del nastro adesivo telato, formando una sorta di cappio al collo. Non è bastato impedirgli di muoversi per avere la libertà di agire indisturbati, lo hanno anche picchiato al volto e al capo, con violenza, ma non sono state queste ferite a provocargli la morte. Nonostante non fosse più nelle condizioni né di chiedere aiuto, né di salvarsi, i tre lo hanno immobilizzato ancora, avvolgendo le braccia ad un tavolino in legno su cui era stato posizionato un comodino e legando i polsi con delle fascette di plastica di colore nero, una cintura di cuoio, il nastro adesivo, una traversa assorbente monouso, un copriletto e un lenzuolo a righe. Anche le caviglie erano state fermate con due fascette serracavo, un lenzuolo bianco annodato, un cavo elettrico attorcigliato con più giri e fermato e del nastro adesivo “stretto ad anello”.

Dopo aver rovistato in casa, si sono allontanati con una motosega e una somma di denaro in contanti non quantificata.

La scoperta del corpo

A scoprire il corpo del falegname in pensione è stata la badante della figlia dell’uomo. Come faceva da anni, aveva raggiunto l’abitazione in via Roma, per curare le faccende domestiche, ma quella mattina aveva trovato sia il cancello di ferro che la porta di ingresso aperti. Non si era insospettita, era accaduto altre volte che Montinaro si svegliasse di prima mattina per innaffiare le piante.  Solo quando ha raggiunto il salone, la donna ha trovato il corpo senza vita del falegname. Era poggiato sul fianco destro, su un tappeto a fantasia colorata, nudo dalla vita in giù.

Rimossa la maglietta, tolto il lenzuolo, gli uomini in divisa giunti sul posto hanno scoperto che gli autori dell’omicidio avevano applicato numerosi giri di nastro adesivo telato di colore grigio intorno al collo della vittima, passando anche all’interno della bocca. Per questo è morto, per «asfissia da soffocamento», come scritto nella relazione del medico legale. Non aveva scampo con il lenzuolo e la maglietta che avvolgevano completamente il capo e il nastro adesivo che, come si legge, avvolto più volte attorno al collo ha svolto azione di strangolamento.

Le indagini

La governante aveva raccontato ai Carabinieri che l’uomo era solito “chiudersi in casa” prima di andare a dormire, ma non erano stati trovati segni di effrazione sugli infissi. Montinaro aveva aperto la porta ai suoi assassini, persone che probabilmente conosceva. Per questo, gli investigatori hanno cercato tra i suoi ultimi contatti telefonici. Da qui, la scoperta della chiamata di Angela Martella, alle 20.38 del giorno dell’omicidio. Una chiamata di 140 secondi.

Ad indirizzare le indagini sulla strada giusta sono stati anche i racconti di alcuni testimoni. Dopo aver cercato qualcuno che potesse aver visto qualche particolare utile a fare luce sull’omicidio e a dare un volto e un nome agli autori, i Carabinieri hanno trovato una donna che ha confidato di aver notato, la sera del delitto, tre persone che parlavano in dialetto salentino e che una imbracciava una motosega. Era sicura, perché li aveva sentiti dire “nun bethe de quai” mentre camminavano su via Vespucci, una strada senza uscita, traversa di via Roma.

Un’altra testimone, rientrando a casa quella notte, aveva trovato un telefono con la batteria staccata. Era di Donato Montinaro e probabilmente era stato perso o abbandonato dagli aggressore durante la fuga.

Il movente

Per risolvere il giallo, i Carabinieri dovevano trovare il movente. Nessuna pista è stata esclusa, nemmeno quella della vendetta realizzata da qualcuno che intendeva dare al pensionato una lezione per punirlo di qualche avances. Per questo bisognava scavare nella sua vita privata. Ascoltando chi lo conosceva, si è scoperto che Montinaro offriva denaro alle donne, di solito più giovani di lui, in cambio di prestazioni sessuali o per invogliarle ad intraprendere una relazione affettiva stabile, anche per garantire un futuro alla figlia disabile. Non era un segreto, più volte l’uomo si era vantato di avere molti soldi da parte e che li avrebbe ‘offerti’ a chi si sarebbe preso cura di lui e della figlia, anche dopo la sua morte.

Tutti sapevano in paese che i contanti li teneva in casa. E nel gruzzoletto formato dalla pensione sua e di sua figlia, più di 3mila euro al mese, c’erano anche i 68mila euro di una polizza sulla vita, riscattati in anticipo.



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