«Io non sono proprietà di nessuno, nessuno può costringermi ad amare una persona che non rispetto, l’onore lo perde chi le fa certe cose, non chi le subisce». Fino al 26 dicembre 1965, Franca Viola era una sconosciuta ragazzina di Alcamo, un piccolo paesino in provincia di Trapani. Non era ancora la coraggiosa protagonista di una storia che, con il suo rifiuto, avrebbe cambiato e forse salvato la vita di altre donne.
Il rapimento
Franca aveva 15 anni quando i suoi genitori – gente modesta, con qualche vigna – l’hanno promessa a Filippo Melodia, rampollo della mafia locale con cui era stata fidanzata con il consenso della famiglia. Almeno fino a quando il nipote di Vincenzo Rimi, arrogante quanto violento, non fu arrestato per furto. A quel punto, papà Bernardo, un umile contadino, ma testardamente onesto, decise di annullare il matrimonio. Sua figlia meritava di meglio di quel criminale.
Per convincerlo a ripensarci, Pippo usa le maniere forti: dalle minacce alle intimidazioni. La vigna distrutta, il casolare di campagna bruciato, l’orto saccheggiato, il gregge disperso, i messaggi di morte recapitati con una pistola al grido di «chista è chidda che scaccerà la testa a vossia».
L’incubo per la ragazzina e per i suoi genitori che non si lasciano intimidire durerà fino a Santo Stefano, quando il giovane Melodia decise di riprendersi “ciò che considerava suo” organizzando una spedizione punitiva con una banda di amici. Quella notte dopo Natale, la 17enne fu rapita con il fratellino di otto anni, Mariano, che si era aggrappato alle sue gambe nel tentativo di proteggerla.
Franca fu violentata, segregata per otto giorni, abbandonata a se stessa. Il giorno di Capodanno, il padre della ragazza fu contattato dai parenti di Melodia per la cosiddetta “paciata“, un incontro riparatore volto a mettere le famiglie davanti al fatto compiuto. Solo le nozze potevano cancellare la vergogna, così come era scritto, nero su bianco, nel codice penale.
Quel no che ha cambiato la storia
Il padre e la madre di Franca, d’accordo con la polizia, fingono di accettare il matrimonio. Il 2 gennaio, i poliziotti fanno irruzione nell’abitazione, dove Franca era tenuta prigioniera, la liberano e arrestano i rapitori. Melodia e i complici sono certi che di lì a poco ci saranno le nozze e quindi l’impunità. Non è così.
Franca Viola non avrebbe cancellato la «vergogna» con un matrimonio riparatore che le consuetudini e persino il codice penale imponevano. Non era mai successo che una donna «disonorata» rifiutasse di convolare a nozze con il suo violentatore. La “ribelle” Franca non ci sta: denuncia e spedisce in galera chi l’ha stuprata.
Al processo, la difesa tenta di screditare la ragazza, sostiene che era consenziente alla fuitina. «Questo è un processo d’amore», sostiene. Se Franca, «che ci stava» ha buttato il candido velo da sposa, se ha rifiutato di sposarlo… che colpa ha Filippo? Non servirà.
Melodia fu condannato solo a 11 anni, perché le «usanze» dell’epoca furono considerate un’attenuante. Un anno dopo la conclusione del processo Franca sposa il ragazzo di cui è innamorata, Giuseppe Luisi. Pippo, invece, fu ucciso da ignoti con un colpo di lupara Modena dove era in soggiorno obbligato, come altre centinaia di persone negli anni Settanta.