Craccano Sky e Dazn per vedere le partite gratis, nei guai tre salentini

Decriptavano il segnale di Sky e di Dazn utilizzando un collegamento streaming illegale per consentire ad alcuni esercizi pubblici di trasmettere le partite di calcio del campionato di Serie A senza pagare alcun abbonamento. Tre salentini deferiti in stato di libertà

Avevano pensato bene di decriptare il segnale di Sky e di Dazn utilizzando un collegamento streaming illegale per consentire ad alcuni esercizi pubblici di trasmettere senza pagare alcun abbonamento le partite di calcio del campionato di Serie A.

Ma a tre salentini è andata male e al termine di un servizio coordinato di controllo sulla violazione delle norme a tutela del copyright, i carabinieri della Stazione di Melendugno e della Stazione di Lecce hanno deferito in stato di libertà tre persone: un 34enne, un 40enne e un 61enne.

Proprio in questi giorni in tutta Italia è in corso una guerra senza quartiere al cosiddetto ‘pezzotto’, un apparecchio che consente l’accesso a piattaforme pirata per poter guardare in maniera illegale le tv a pagamento come Sky, Dazn e Netflix.

Vittime di questo sistema di frode non sono soltanto le grandi major che hanno acquistato i diritti televisivi, ma potenzialmente tutto il sistema sportivo, dal momento che i mancati introiti da parte di questi gruppi editoriali si riverbereranno a breve, in termini di minori finanziamenti, sulle società e sul sistema dello sport in generale.

Le prime sentenze definitive sono di qualche anno fa. La Corte di Cassazione ha inflitto una pena a quattro anni di reclusione e 2mila euro di multa per un utente che vedeva Sky in modo illegale.

Ma, come ricordava il settimanale Panorama in una recente e dettagliatissima inchiesta, le pene oggi sono ancora più restrittive:

La normativa in corso, infatti, prevede che chi utilizza queste piattaforme pirata rischi il carcere con pene variabili da sei mesi a tre anni di reclusione. Per non parlare poi di multe e sanzioni amministrative che vanno da 2.582,29 euro ad un massimo di 25.822,26 euro.

A rischiare è sia chi vende il ‘pezzotto’ che chi lo acquista.



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