Truffa con i contributi pubblici per riqualificare una struttura ricettiva nel Salento, scatta il sequestro. Nei guai tre persone

Il provvedimento eseguito dai militari della Guardia di Finanza di Bari. A essere indagati due imprenditori e un commercialista

Nella mattinata di oggi, la Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Bari sta dando esecuzione a un decreto, emesso dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale, su richiesta della Procura della Repubblica di Bari, di sequestro preventivo di beni per oltre 1,1 milione di euro, in via diretta o per equivalente, nei confronti di una società e di una persona fisica.

Nel dettaglio, sono 3 le persone fisiche e 2 le persone giuridiche coinvolte, indagate per il reato di truffa aggravata ai danni dello Stato, di autoriciclaggio e di illecito amministrativo degli enti dipendente da reato, per aver ottenuto indebitamente contributi pubblici per la riqualificazione di una struttura ricettiva a 4 stelle nel Salento.

Nei confronti delle persone fisiche coinvolte (due imprenditori – uno di Ugento – e un commercialista di Lecce) è inoltre in corso la notifica dell’invito a presentarsi per sottoporsi a interrogatorio preventivo del Gip, ai sensi dell’art. 291 Codice di Procedura Penale, commi 1 quater e 1 sexies, che ha introdotto maggiori garanzie a favore dell’indagato in fase di applicazione della misura cautelare personale.

L’operazione scaturisce da uno stralcio di più articolate indagini svolte in materia di reati fallimentari, delegate al Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza di Bari, dalle quali sarebbero emerse ulteriori fattispecie penalmente rilevanti, con particolare riguardo al reato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche in danno della Regione Puglia, nell’ambito del progetto denominato “Aiuti alle medie imprese e consorzi PMI per programmi integrati di investimento PIA Turismo”, disciplinato dal Regolamento della Regione Puglia n. 36/09 e s.m.i. – Titolo III in seno al P.O. FESR 2007-2013, poste in essere dal legale rappresentate di una società attiva nel settore immobiliare, in concorso con l’amministratore di una società edile e un commercialista.

In particolare, nell’ambito dell’intervento di riqualificazione e recupero funzionale di una masseria ubicata nella provincia di Lecce per la realizzazione di un albergo a 4 stelle, finanziato (in misura pari al 50% dell’investimento totale) con il contributo pubblico regionale, i due imprenditori avrebbero posto in essere una serie di artifici e raggiri consistiti per l’uno (il beneficiario delle agevolazioni), nella produzione di diverse dichiarazioni sostitutive di atto notorio di contenuto mendace o comunque attestanti circostanze non rispondenti al vero al fine di comprovare falsamente lo svolgimento di lavori in realtà mai realizzati, per un valore di 1.409.090 euro al fine di incassare la somma di 1.132.305, come prima tranche del contributo pubblico a titolo di anticipazione sulle spese del primo Stato di avanzamento dei lavori; pagamenti dei lavori mai avvenuti, attraverso la produzione di copie di assegni bancari mai portati all’incasso in quanto privi di copertura e documentazione bancaria non genuina; l’apporto di mezzi propri, richiesto dal Disciplinare sottoscritto con la Regione, attraverso la costituzione surrettizia nel bilancio 2019 di una riserva indisponibile di patrimonio netto denominata “Riserva PIA Turismo” pari a 1.933.510 euro, nonché il raggiungimento del 1° Sal, corrispondente al 50% del programma di investimento, propedeutico ad ottenere la seconda tranche del contributo e il residuo del finanziamento ammesso; l’ultimazione dei lavori in misura pari al 97,66 % del programma di investimento, ivi comprese le spese falsamente documentate.

Per l’altro, quale amministratore pro tempore della ditta appaltatrice: nella simulazione dell’avvenuto pagamento delle fatture relative all’esecuzione dei lavori di riqualificazione della masseria, ai fini della falsa rendicontazione delle spese ammesse al contributo pubblico regionale; nel produrre e consegnare documentazione bancaria non originale, utilizzata per la rendicontazione alla Regione Puglia di pagamenti di lavori in realtà mai effettuati.

Il commercialista, nella sua qualità di consulente, si sarebbe invece adoperato per far ottenere alla società appaltatrice dei lavori un finanziamento bancario di 250mila euro, utilizzato per simulare pagamenti di interventi complessivamente pari a 1.409.090 euro, rendicontati falsamente nell’ambito del primo stato di avanzamento dei lavori, nonché avrebbe sollecitato gli imprenditori affinché producessero la documentazione bancaria, rivelatasi non genuina, ovvero le copie di assegni bancari privi di copertura, utilizzate per la falsa rendicontazione delle spese ammesse al contributo regionale.

Inoltre, ottenuta la prima rata di finanziamento, pari a 1.132.305 euro, al fine di ostacolare l’identificazione della provenienza illecita, il destinatario del contributo avrebbe bonificato parte della somma, pari a 500mila euro, sul proprio conto corrente personale per sottoscrivere quote di fondi comuni di investimento e di polizze vita nonché per finanziare, con 60mila euro, un’altra società di cui era socio.

Le imprese coinvolte sono state, altresì, indagate in relazione all’illecito amministrativo derivante da reato di cui agli artt. 5 lett. a) e 24 D.Lgs. 231/2001, poiché il delitto di cui all’art. 640 bis c.p. sarebbe stato commesso nel loro interesse o vantaggio da parte di coloro che rivestono funzioni di amministrazione e direzione degli stessi.

Nel corso delle operazioni è stato inoltre notificato l’avviso della conclusione delle indagini preliminari eseguite nei confronti di 6 persone fisiche (4 imprenditori e due consulenti fiscali), indagate, in concorso fra loro, per i reati di bancarotta fraudolenta di 4 imprese, componenti un gruppo societario barese operante nel settore immobiliare (tra cui anche quella beneficiaria del contributo regionale), tutte ammesse al procedimento di concordato preventivo di gruppo dal Tribunale Civile di Bari.

Nel dettaglio, dal 2014 al 2022, gli indagati avrebbero: esposto nei bilanci, in modo idoneo ad ingannare i destinatari sulla reale situazione economica, finanziaria e patrimoniale della società, fatti materiali non rispondenti al vero, consistiti nell’iscrizione: nell’attivo, di crediti inesigibili, di valutazioni di immobili di un valore superiore alle perizie di stima e di una partecipazione in una società del gruppo in realtà di nessun valore; nel passivo, di una fittizia riserva indisponibile di patrimonio netto, allo scopo di impedire l’emersione di perdite del capitale sociale delle imprese coinvolte e cagionando, conseguentemente, il dissesto societario; reiterato il sistematico inadempimento del versamento di tributi erariali per oltre 7 milioni di euro; distratto somme per circa 500 mila euro, rinunciando, a titolo gratuito, a crediti vantati nei confronti di altre entità del gruppo “in bonis”; favorito un creditore, a danno degli altri, effettuando il pagamento integrale del credito vantato pari a circa 250 mila euro, allo scopo di ottenere la sua desistenza dalla presentazione dell’istanza di fallimento.

È importante sottolineare che il procedimento si trova ancora nella fase delle indagini preliminari e che, all’esecuzione delle misure cautelari reali, seguirà l’interrogatorio di garanzia e il confronto con la difesa degli indagati, la cui eventuale colpevolezza in ordine ai reati contestati dovrà essere accertata in sede dibattimentale nel rispetto del contraddittorio con la difesa degli indagati.