Bit 2019, l’Italia punta sul turismo. La svolta? Innovazione e professionalità

Nell’ultima giornata dedicata alla Borsa Internazionale del Turismo, Leccenews24.it ha intervistato Diego Castagno, presidente di Federformazione, per parlare di opportunità, di sviluppo e di crescita per il settore turistico in Puglia

Un mondo in movimento. Visitare la Bit è un viaggio virtuale durante il quale capita di incrociare l’intraprendenza dei paesi con un turismo emergente, la diplomatica cordialità di chi si è già ritagliato uno spazio espressivo tra le mete turistiche e l’entusiasmo di chi tenta il grande salto e prova a catalizzare al meglio l’attenzione di turisti e operatori.

Nel turismo, come in altri mercati, conoscere abitudini e comportamenti di potenziali viaggiatori, monitorando scelte e tendenze, consente di concludere con successo azioni commerciali. Analisi, indagini ad hoc, report on demand consentono di predisporre strategie efficaci per gli scenari disegnati dai dati raccolti.

Per parlare di luci e ombre, di presente e di futuro del turismo in Italia e in Puglia, Leccenews24.it ha incontrato a Milano, durante la Borsa Internazionale del Turismo, Diego Castagno, esperto di politiche del lavoro e di innovazione sociale.

Diego Castagno, è torinese, laureato in Lettere e Filosofia, un diploma di Giornalismo e Pubbliche Relazioni e si occupa come consulente per imprese private, non profit ed enti pubblici del tema lavoro e di business angels.

Nominato lo scorso ottobre presidente di Federformazione, un’associazione di Enti di Formazione, cui si aggiungono anche operatori, progettisti e formatori.

In quest’ambito, in Italia operano più di 7 mila enti, 28 mila operatori e altri e tanti se si considerano gli enti non accreditati. È un settore spesso trascurato che gode di scarsa visibilità mediatica ma risulta determinante ai fini della crescita e dello sviluppo del sistema economico del paese.

Per fare un esempio e capire meglio a cosa serve la formazione, basti pensare a tutto il sistema di industria 4.0 e alla digitalizzazione; la formazione agli occupati serve a fornire agli operai, ai lavoratori, gli strumenti per gestire, nell’ambito del loro lavoro, la nuova rivoluzione digitale che cambia in maniera veloce e profonda i processi di produzione.

La nostra intervista

Diego, come mai in Bit, Lei che non è un operatore turistico?

La Borsa Internazionale del Turismo è un’opportunità per chi si occupa di lavoro e di sviluppo. Diciamo che sono qui per capire cosa manca ancora al turismo in Italia per diventare stabilmente uno dei settori trainanti dell’economia di questo paese e approfitto della Bit che è il luogo dove si incontrano diverse realtà, sia regionali che internazionali, per fare dei paragoni tra quello che capita altrove e quello che capita in Italia. Importante anche intuire ciò che accade regione per regione.

Il turismo, in Italia, è una di quelle opportunità mancate. Quello che vediamo oggi è un turismo 4.0. Per questo motivo, gli operatori turistici del Bel Paese hanno la necessità di aggiornarsi, accettare le sfide dell’innovazione e hanno bisogno di riqualificare e aggiungere competenze al personale del settore.

Cosa serve per far diventare il turismo, nelle regioni dell’Italia, specie in quelle del Sud, un obiettivo?

Ho avuto modo di visitare vari stand e ho scelto il Molise e la Puglia come regioni-campione. Due regioni emblematiche perché una rappresenta una realtà pressoché sconosciuta e l’altra è la regione emergente. Ciò che occorre è, probabilmente, un approccio che porti l’innovazione a 360° e valorizzi le competenze delle persone che lavorano nel settore, rendendole in grado di affrontare le sfide del futuro.

Turismo, formazione, lavoro. Un circolo virtuoso?

Io provengo dal mondo delle politiche attive del lavoro, ovvero da quel sistema di interventi che vengono messi in atto per includere nel mercato del lavoro le persone che ne sono escluse, o temporaneamente oppure che devono ancora entrarci. Fra le politiche attive del lavoro c’è di sicuro la formazione, che si connota da sempre come la principale di queste politiche.

In contesti di misure per l’inclusione e lotta alla disoccupazione è chiaro che, specialmente in certe regioni d’Italia, il turismo risulta una leva strategica. Sarà, però, necessario pensare ad un turismo moderno, evoluto. Parlo di turismo 4.0, ossia di processi tecnologici che agevolano il turismo.

Se il turismo mantiene le sue promesse può diventare un volano per l’occupazione straordinario. In tempi di reddito di cittadinanza, e di politiche per il lavoro, la prima buona norma è puntare su quello che si ha. Quindi secondo me una delle prime cose da fare è quella di valorizzare le risorse del territorio al punto che possano diventare una reale opportunità di lavoro per il territorio stesso.

Ci spieghi meglio cosa intende per “Turismo 4.0”.

Per capire cos’è il 4.0 basta andare da Mc Donald’s e vedere come i display guidano gli operatori nella preparazione degli alimenti. In tal modo si ottiene una riduzione degli sprechi e un’ottimizzazione dei tempi. Questo è un esempio della digitalizzazione nella grande distribuzione del food. Nello stesso modo, la digitalizzazione dovrà cambiare il turismo, che segue delle dinamiche simili.

Bisogna, poi, tenere ben presente il calcolo secondo cui si crea per ogni posto di lavoro tecnologico 5 non tecnologici. Anche per questo motivo la formazione è fondamentale e non può essere relegata come secondaria rispetto alle altre politiche di sviluppo e di crescita, in particolare in una fase di stagnazione come quella che stiamo vivendo oggi in Italia.

Come vede Diego Castagno il turismo in Puglia?

La Puglia ha segnato, negli ultimi tempi, un importante passo avanti e lo si vede anche dal numero di sellers e buyers presenti nello stand Puglia in Bit. Immagino che sia nell’interesse di tutti andare avanti su questa stessa strada, accettando la sfida dell’internazionalizzazione, del mettersi in rete, della competizione in un mercato sempre più globale. Un mercato che necessità, indubbiamente, di competenze sempre maggiori.

Le politiche per il turismo oggi sono politiche integrate di sistema che mettono al centro la persona, sia come turista che come operatore.

Turismo e reddito di cittadinanza. Crede che possa essere una misura utile al settore?

Il reddito di cittadinanza, per come è stato concepito, rischia di essere una politica passiva per il lavoro. Per diventare una politica attiva bisogna confrontarsi seriamente con un mercato del lavoro che segue dinamiche molto diverse da quelle immaginate.

Federformazione non condivide in pieno questa misura perché confonde e perché come politica passiva per il lavoro non genera niente, confonde lotta alla povertà con lotta alla disoccupazione, non lega i due pezzi e sottrae risorse alla crescita e allo sviluppo che è l’unico motore che crea nuovo lavoro. In altri termini, se non si crea lavoro, non si riduce la disoccupazione. E come si crea nuovo lavoro? Con lo sviluppo e la crescita. La formazione è proprio questo: sviluppo e crescita.

Fortunatamente, il reddito di cittadinanza riconosce la formazione, ufficialmente, come politica attiva del lavoro. A riprova di ciò, nel reddito di cittadinanza si parla ad esempio di “patto di formazione” oltre che di “patto per il lavoro” e “patto per l’inclusione”. In questo suscita un certo interesse fra gli operatori mentre permane, anche da parte di Federformazione, la perplessità sulla reale efficacia di questa misura. Nel senso che così come si configura, rischia di non aver effetto dal punto di vista dell’inclusione a meno che non riconosca assunzioni con contratti non a tempo indeterminato.

Diego, ci aiuti a capire bene questo punto.

In altri termini viene previsto unicamente, tra gli incentivi alle aziende, un bonus ovvero “un aiuto” solo se l’azienda assume il beneficiario del reddito di cittadinanza a tempo indeterminato.

Una simile rigidità scoraggia le aziende ad assumere le persone che beneficeranno di questa misura.

Senza voler essere troppo tecnici, possiamo dire che un’eccessiva burocrazia nei processi e una certa incertezza nel quadro operativo fa sì che gli addetti ai lavori percepiscano questa misura come di difficilissima attuazione.

Per finire, uno dei tanti motivi per cui rimangono perplessità sul reddito di cittadinanza è la frammentazione delle regole tra le diverse regioni italiane. Ogni regione ha infatti i suoi regolamenti e diciamo che se da un lato si asseconda il contesto, in quanto le politiche del lavoro, la stessa formazione, hanno efficacia all’interno del contesto, dall’altra però questa  eccessiva frammentazione fa si che i livelli di assistenza siano fortemente disuguali sul sistema-paese.

C’è ancora tempo per apportare dei correttivi, aspetteremo per vedere cosa farà il governo in tal senso.



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