CPB (Concordato Preventivo Biennale), un’opportunità mancata per le imprese italiane

In tempi non sospetti Federaziende aveva bocciato la misura prevedendo che non avrebbe raggiunto i risultati attesi.

Per i più l’acronimo CPB era incomprensibile ma bastava snocciolarlo come un rosario (Concordato Preventivo Biennale) per aspettarsi un futuro vincente da quella che doveva essere la nuova frontiera italiana del Fisco, una misura introdotta dal governo italiano per dare un po’ di respiro alle imprese, soprattutto quelle più piccole.

Duplice e ambiziosa la finalità del CPB: provare a porre un freno all’evasione e racimolare le risorse necessarie a ridurre dal 35% al 33% la seconda aliquota Irpef per cui, conti alla mano, servivano 2,5 miliardi di euro.

Introdotto dal D. Lgs. 13/2024, si trattava (e si tratta ancora) di un istituto facoltativo per raggiungere un “accordo” con il Fisco che permetta, per un biennio, di pagare le tasse non in base agli effettivi guadagni bensì sulla base di quanto preventivato dall’Agenzia delle Entrate, favorendo così l’adempimento spontaneo degli obblighi dichiarativi.

Il principale beneficio a detta dell’Esecutivo? Semplice: la ‘prevedibilità della tassazione‘ per un periodo di due anni. Se il contribuente avrà generato entrate superiori a quanto dichiarato non sarà soggetto a tassazione, viceversa non otterrà alcuna riduzione fiscale.

Un po’ come fare un abbonamento in palestra: sai già quanto spenderai ogni mese e non ci sono costi nascosti…

Tutto chiaro? Evidentemente no, visto che non ha funzionato e si parla generalmente di flop.

L’opportunità non è stata colta dalle imprese italiane come si sperava. E ci sono diverse ragioni per questo.

Il CPB è innanzitutto complicato da capire: molte imprese, soprattutto quelle più piccole, lo hanno trovato troppo complesso da comprendere. La normativa è piena di tecnicismi e non è sempre chiara.

E poi la vexata quaestio sulla fiducia nel Fisco: c’è un diffuso e radicato sentimento di sfiducia nei confronti del Fisco in Italia. Molte imprese preferiscono pagare le tasse regolarmente, anche se più alte, piuttosto che rischiare di avere problemi in futuro.

Ancora: vi sono anche alternative più semplici al Concordato Preventivo Biennale. Esistono altre soluzioni per gestire le tasse, magari meno vantaggiose, ma più semplici e conosciute.

Senza tralasciare la mancanza di incentivi: forse gli incentivi previsti dal CPB non erano sufficientemente attraenti per convincere le imprese a partecipare.

E adesso? Beh, il fallimento del CPB ha diverse conseguenze:

– meno entrate per lo Stato rispetto a quelle previste: lo Stato ha perso un’opportunità per incassare più tasse in modo regolare;

– più difficoltà per le imprese: le PMI continuano ad avere difficoltà a gestire le tasse e a pianificare il loro futuro;

– Un sistema fiscale complesso: il sistema fiscale italiano rimane complesso e poco trasparente, scoraggiando le imprese e i cittadini.

Cosa si può fare, allora? Per migliorare la situazione, è necessario:

semplificare il sistema fiscale: le regole devono essere più chiare e facili da capire;
aumentare la fiducia nel Fisco: bisogna lavorare per costruire un rapporto più trasparente e collaborativo tra il Fisco e i contribuenti;
offrire incentivi più attraenti: bisogna studiare nuovi incentivi per incoraggiare le imprese a partecipare a misure come il CPB.

Insomma, il CPB rappresenta un esempio di come un’idea che si presenta come ‘valida’ possa fallire alla prova dei fatti se non viene presentata in modo chiaro e se non si tengono conto delle esigenze delle imprese. È fondamentale continuare a lavorare per rendere il sistema fiscale italiano più semplice, equo e trasparente.

La posizione di Federaziende

In tempi non sospetti Federaziende, la principale confederazione delle Pmi, dei lavoratori autonomi e dei pensionati, aveva bocciato la misura prevedendo che non avrebbe raggiunto i risultati attesi.

Il Segretario Generale di Federaziende, Eleno Mazzotta

Il Segretario Generale Eleno Mazzotta, insieme a diversi esperti e rappresentanti d’impresa, propone alternative concrete per migliorare il sistema fiscale italiano e favorire una maggiore compliance. Il tutto attraverso un approccio multiforme:

Estensione della Patente a Crediti: Mazzotta propone di estendere la Patente a Crediti, attualmente limitata al settore edile, a tutti i settori. Questo strumento consentirebbe di monitorare più efficacemente la solvibilità delle imprese e di prevenire il fenomeno del “dumping fiscale“;

Rafforzamento dei controlli: l’obbligo di possesso del DURC e del DURF per poter lavorare, secondo Mazzotta, contribuirebbe a ridurre la concorrenza sleale e a incentivare il rispetto delle norme fiscali;

Flessibilità nei pagamenti: una maggiore flessibilità nella concessione di piani di rateizzazione e un ravvedimento operoso più conveniente potrebbero aiutare le imprese in difficoltà a regolarizzare la propria posizione.

L’obiettivo comune di queste proposte di Federaziende è quello di creare un sistema fiscale più equo e trasparente, dove tutte le imprese competano sulle stesse basi.

Simona De Lumè

‘Nei nostri uffici – fa notare Simona De Lumé, presidente di Federaziende – notiamo che sono sempre gli stessi imprenditori che pagano regolarmente le tasse e sempre gli stessi che non le pagano. Tutto ciò crea di fatto una concorrenza sleale e una maggiore liquidità monetaria nelle mani di chi le tasse non le paga. Come Federaziende difendiamo certamente la categoria degli imprenditori titolari di PMI ma al contempo ci battiamo per il rispetto dei principi di legalità’.

Insomma, il fallimento del Concordato Preventivo Biennale può essere in parte attribuito alla mancanza di fiducia delle imprese nel sistema fiscale. Misure come quelle proposte da Federaziende potrebbero contribuire a ristabilire questa fiducia, creando un clima più collaborativo tra imprese e amministrazione finanziaria. Inoltre, un sistema fiscale più equo e trasparente potrebbe rendere misure come il CPB più attraenti per le imprese.



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