
Nel nostro Paese un dato è certo: le retribuzioni delle lavoratrici e dei lavoratori italiani sono troppo basse. Stipendi e salari non crescono e il problema si fa serio quando l’inflazione galoppa e i prezzi salgono alle stelle. Ma quali sono le cause che generano questo autentico vulnus del mondo del lavoro? In un convegno organizzato a Lecce da Confidustria sul tema de ‘La legalità e il lavoro’, i sindacati confederali salentini Cgil, Cisl e Uil hanno puntato il dito sulla contrattazione pirata, quella che con termine tecnico si definisce dumping contrattuale.
Si tratta di un fenomeno che si realizza principalmente attraverso l’applicazione di contratti collettivi sottoscritti da organizzazioni sindacali e datoriali scarsamente rappresentative del settore. Con una finalità ben precisa: ridurre il costo del lavoro e le tutele contrattuali per contrastare la concorrenza di aziende più rispettose delle regole e più virtuose, a danno delle condizioni di lavoro e della qualità dell’offerta.
Diversa la valutazione di Simona De Lumè ed Eleno Mazzotta, rispettivamente presidente nazionale e segretario generale di Federaziende che, dichiarandosi subito favorevoli all’ introduzione del salario minimo, ritengono più centrato parlare di ‘qualità dei contratti‘ che di grado di rappresentatività dei soggetti stipulanti,
‘Per Federaziende il grado di rappresentatività di un’organizzazione datoriale o sindacale non garantisce automaticamente la qualità del contratto. Prova ne sia la recente sentenza del giudice del lavoro del Tribunale di Milano in riferimento a un contratto sottoscritto da Cgil e Cisl, che prevedeva uno stipendio di 3,96 euro all’ora: una retribuzione palesemente in contrasto con l’articolo 36 della nostra Costituzione. Ad ogni modo, se dovessimo applicare in provincia di Lecce i contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni datoriali territorialmente più rappresentative, sicuramente resterebbero applicabili i contratti sottoscritti da Federaziende’, per sgomberare il campo da quella etichetta di ‘sindacato giallo’ che nessuno vuole avere quando si parla di lavoro, diritti, qualità della contrattazione sindacale.
‘Se lo sviluppo di un’impresa passa dai lavoratori, dalla loro stabilizzazione, dalla loro professionalità e dal riuscire ad accaparrarsi le migliori professionalità esistenti sul territorio – proseguono De Lumè e Mazzotta – , è del tutto evidente che quello stesso sviluppo passi per una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro e da un salario minimo che garantisca i principi sanciti dalla Legge Fondamentale dello Stato’.

Federaziende lancia la ‘Terza Via’: il contratto collettivo provinciale
Federaziende lancia un nuovo modello di relazioni industriali e sindacali che sappia intercettare la necessità di dare risposte concrete ai cambiamenti determinati dall’innovazione tecnologica nei sistemi produttivi e organizzativi delle imprese, prendendo le distanze da qualsiasi forma di dumping contrattuale.
«Il nostro obiettivo è introdurre nuovi sistemi di classificazione del personale, l’innalzamento costante delle competenze dei lavoratori attraverso la formazione continua, il potenziamento del rapporto tra sistema di istituzione e formazione con il mondo del lavoro, nuove politiche salariali, nonché il potenziamento della contrattazione decentrata e della flessibilità – spiegano Mazzotta e De Lumè –. Il ricorso alla formula del contratto collettivo provinciale di lavoro può essere lo strumento per far avvicinare le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale ad Associazioni Datoriali maggiormente rappresentative sul piano provinciale; aprendo le porte su scala locale al salario minimo, che in questo caso verrebbe stabilito non per legge, ma dalla volontà delle parti contraenti. Ciò, però, a patto che queste ultime siano disposte a sposare la tesi già prima dell’inizio della trattativa che al di sotto di nove euro lordi non si assicura al lavoratore una vita dignitosa».