Fondi di Sviluppo e Coesione, Federaziende bacchetta Fitto: ‘Troppi ritardi, le imprese non possono aspettare’

Per Federaziende le risorse Fsc devono essere nella responsabilità delle Regioni, che godono costituzionalmente di autonomia gestionale.

Sburocratizzare, valorizzando i centri di spesa periferici più vicini ai territori? Macché! In Italia piuttosto si preferisce accentrare, rispolverando un sistema borbonico di gestione delle risorse che rischia di incartarsi a Roma. E ciò vale anche per i Fondi di Sviluppo e Coesione che si sarebbero dovuti aggiungere agli altri fiumi finanziari finalizzati ad eliminare le secche dell’ arretratezza che fa impantanare il Mezzogiorno e fa viaggiare il Paese a due velocità…e che invece sono incagliati. Fondi e risorse finiti al centro di una disputa tra il Ministro Raffaele Fitto, che alla Coesione Territoriale ha la delega e i governatori delle Regioni italiane, a cominciare dal pugliese Michele Emiliano che non smette di bussare alla porta e di battere i pugni sul tavolo.

Federaziende, la Confederazione Nazionale delle Piccole e Medie Imprese, dei lavoratori autonomi e dei Pensionati, scende in campo assumendo una posizione precisa, netta, anche su questo argomento, così come le era capitato in occasione della diatriba sulla contrattazione nazionale e sul reddito minimo. Senza paura, insomma, potremmo dire.

Del resto quando si parla dei Fondi di Sviluppo e Coesione si sta parlando di 23 miliardi di euro di risorse destinate per l’80% al Sud e per il 20% al resto d’Italia, risorse bloccate da 14 mesi.

La nota di Federaziende

Simona De Lumè, Presidente Nazionale Federaziende

‘Le imprese non possono più aspettare! Abbiamo necessità di definire le linee strategiche dei bandi e la programmazione regionale e non possiamo più adattarci. I Fondi di Sviluppo e Coesione destinati al Sud – tra l’altro inferiori di ben 160 milioni alla ripartizione effettuata dalla precedente Ministra Mara Carfagna – potevano e dovevano già essere immessi nel circuito economico. L’uso di queste risorse deve essere nella disponibilità e responsabilità delle Regioni, che godono costituzionalmente di autonomia gestionale. Il Ministro Fitto dice che vuole evitare che ci sia una sovrapposizione di interventi con i fondi Fsc, Pnrr e quelli rivenienti dai vari ministeri. Giusto…se non fosse che l’unico risultato raggiunto è che da un anno e due mesi è tutto fermo, tutto paralizzato. Federaziende si chiede: ma poi, a Roma, chi controllerà il vagone di carte che le Regioni inseriranno nella piattaforma informatica dedicata ai progetti da finanziare, procedura necessaria per addivenire all’accordo di coesione? Siamo di fronte ad un surplus di burocrazia, ad un eccesso procedurale che di fatto ha il solo scopo di accentrare al Ministero un potere economico e politico a danno dei territori. Ma c’è di più. Una volta firmato l’accordo di coesione, il Decreto-Sud prevede che quest’ultimo debba essere verificato con il Ministero dell’Economia, con i Ministeri competenti e poi debba essere ratificato formalmente dal Cipess (il Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica e lo Sviluppo Sostenibile), il quale a sua volta dovrà formalizzare il riparto dei fondi Fsc. Da ultimo l’accordo deve essere mandato alla Corte dei Conti per dare la bollinatura definitiva. Un labirinto dal quale, se si esce, lo si fa con ritardi esiziali’.

I rischi dei ritardi per la Puglia e per il Mezzogiorno

Il rischio, avvertono da Federaziende, è che i gravi ritardi si sommino alle restrizioni presenti nella nuova programmazione dei Fondi Ue. Un esempio: d’ora in avanti non saranno più finanziati investimenti infrastrutturali per le grandi imprese, cosa che ovviamente in Puglia, nel recente passato, ha rappresentato un’importante attrattiva. Mantenere un canale di finanziamento, grazie ai Fondi di Sviluppo e Coesione, sarebbe fondamentale anche perché le somme assegnate alla Puglia dal Cipess non sono immediatamente disponibili e non possono essere utilizzate per le spese di welfare, servizi sociali, contrasto alla povertà, cultura, turismo ed altre spese di parte corrente come ricerca e formazione. Insomma, parliamo di risorse che potrebbero non essere impiegabili per le spese di investimento immateriali che nel Sud, ovviamente, sono il necessario completamento dei fondi europei destinati a colmare il divario di sviluppo rispetto al nord. Il risultato sarebbe quello di avere meno coesione in presenza di fondi per la coesione. Cose all’ italiana, insomma.

Eleno Mazzotta, Segretario Generale Nazionale di Federaziende



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