Prosegue senza sosta il Festival del Cinema Europeo. Ulivo d’Oro alla carriera al regista Micheal Winterbottom

Nel corso del secondo giorno della rassegna cinematografica leccese, ha ricevuto il riconoscimento uno degli autori tra i più interessanti e versatili del panorama attuale che ha presentato il film “Cose di questo mondo”

Giornata densa nelle sale del Festival del Cinema Europeo, quella che ha visto l’incontro tra il pubblico e Micheal Winterbottom, a cui è stato consegnato l’ulivo d’oro alla carriera. L’autore, tra i più interessanti e versatili del panorama attuale, ha presentato “Cose di questo mondo”, una delle pellicole scelte dal festival a rappresentare l’opera del regista inglese.

La sezione “Cinema e realtà” si è aperta, invece, con la proiezione del documentario “Mena” di Cristina Fraddosio, indagine intorno alla controversa realizzazione del Gasdotto Tap. Sono intervenuti tra gli altri, il Presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, oltre ai rappresentanti della stessa Tap, del comune di Melendugno e dell’Università del Salento.

È “Taxim hold’em” di Michael Onder a dare il via alla sezione dedicata alla commedia Europea. La pellicola racconta un sabato sera particolare a casa di   Alper, nella Istanbul delle feroci manifestazioni di piazza. La sola urgenza del protagonista sembra essere quella di giocare  a poker con i suoi tre migliori amici, a dispetto del fervore politico che anima la sua fidanzata giornalista. Tutta la storia è racchiusa tra le mura dell’appartamento, uniche tracce del mondo esterno attraverso i social e i vetri della finestra, prudentemente serrata. Nonostante l’appartamento sia gradevolmente ospitale, non sfuggiamo al senso di claustrofobia di un interno, che sembra impossibile evadere. Ognuno dei personaggi rappresenta  una posizione, mettendone in evidenza soprattutto le contraddizioni. Forse più vicina a una pièce teatrale, “Taxim hold’em” mette in questione con  ironia la coerenza delle diverse posizioni tra paure e ipocrisie di ciascun personaggio.

Le prime due pellicole proiettate ieri, tra le dieci in concorso per l’ulivo d’oro sono state “The party’s over” di Marie Garel-Weiss e “Yellow heat” di Fikret Reyhan.

Il primo, non meno intenso dell’italiano Nastro d’argento 2016 “La pazza gioia” di Paolo Virzì, racconta la spinta alla vita di Sihem e Céleste, due ragazze che lottano, come possono, per liberare se stesse dalla tossicodipendenza. Sihem, una ventiseienne, che ha promesso di riprendersi la sua vita alla figlia ancora nella pancia, prima di andare sotto i ferri e perderla. Cèleste, diciannovenne, “figlia guerriera”, di una ragazza madre, forse molto più debole di lei. Ma non è questo il punto. Il film riesce a restituire l’intensità emotiva della loro spinta alla vita che supera tutto, anche i limiti della stessa sopravvivenza.  Il ritmo è scandito da una felicissima colonna sonora che accompagna lo spettatore fino a lasciarlo senza respiro.

“Yellow heat” si svolge interamente nella parte orientale della Turchia. Protagonista è il territorio, che sfama come può, la famiglia di Ibrahim. La pellicola dai colori cupi come la vita di questi immigrati, si presenta quasi come un documentario, dove gli spazi e i tempi seguono quelli reali ed il rigore non lascia spazio a nulla più del necessario. Intorno alla gente che vive ai margini dei campi, l’industrializzazione sempre più stringente. Il capofamiglia non si arrende al futuro. Suo figlio Ibrahim cerca soluzioni sempre più difficili per trascinare avanti sé stesso e gli altri. Emblematiche le prime scene in cui il ragazzo rovescia il corpo vivo di una tartaruga, lasciandola a dannarsi, impotente, sul  suo dorso.

Annalisa Aprile



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