1 maggio, la festa del Lavoro che in Salento manca sempre di più. I sindacati: ‘dignità soprattutto per i giovani’

Per il decimo anno consecutivo di crisi economica, la ricorrenza del 1 maggio rimette al centro le politiche sulla disoccupazione che in Salento continua a crescere. Critica la fascia d’eta 15-24 anni e la situazione delle lavoratrici.

È arrivata anche quest’anno la fatidica data del Primo Maggio. Una data storicamente importante poiché mette al centro il Lavoro, quel Lavoro che la nostra Costituzione mette a fondamento della Repubblica, ma ancora troppo spesso denigrato, deriso e calpestato.
 
Il mondo oggi si ferma per ricordare ancora una volta come le conquiste ottenute nei secoli ottenute dai lavoratori non sono meri rievochi dal passato, ma che sono ancora oggi emblemi di una dignità che andrebbe ancora ricercata a pieno.
 
“Questo Primo Maggio – scrive Valentina Fragassi, Segretaria Generale Cgil Lecce – è per tutti noi, per i lavoratori e per i giovani, motivo di festa, perché ricade all’indomani dell’importante vittoria dei lavoratori: aver ottenuto, con una tempistica pressoché inedita, l’approvazione di una legge che abolisce le norme su voucher e appalti.
 
Ora la Cgil va avanti, con convinzione ed entusiasmo, con la sfida per la Carta dei diritti universali del lavoro, la proposta di legge di iniziativa popolare con cui puntiamo a riscrivere una pagina nuova nella storia del diritto del lavoro in Italia. Un nuovo Statuto dei Lavoratori che include tutti ed estende i diritti a chi finora ne era escluso”.
 
Valentina Fragassi rimette al centro i dati sulla disoccupazione che, se a livello nazionale fanno intravedere un lieve calo, in provincia di Lecce, l’ultimo dato dei Centri per l’Impiego (anno 2016) ha fatto registrare l’aumento della disoccupazione, che sale al 23,1%, rispetto al 22% dell’anno precedente.
 
“Migliora – spiega ancora la numero uno di CGIL Lecce – ma resta drammaticamente alto, il livello di disoccupazione giovanile nella fascia di età 15-24: 50% in provincia di Lecce, contro la media italiana del 37,8%. Ma con l’aumentare dell’età, 25-34 anni, la percentuale di giovani disoccupati nel nostro territorio è notevolmente aumentata nel giro di un anno: 33,6% in provincia di Lecce”.
 
All’interno di questa fascia di età, ben più preoccupante la situazione delle donne: “il livello di disoccupazione delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni in provincia di Lecce è del 40,6%. Un dato – prosegue Fragassi – che è aumentato considerevolmente rispetto all’anno precedente”.
 
“Questi dati sono il segno del fallimento anche dell’ultima riforma del lavoro che ha lasciato immutata, se non peggiorata, la situazione nel nostro territorio. Unico cambiamento determinato dal Jobs Act, è stato l’aumento vertiginoso dei voucher come forma di pagamento del lavoro, passando dalla mercificazione del lavoro alla mercificazione dei lavoratori.
 
La situazione del lavoro femminile è allarmante e non può essere più ignorata. Questo territorio non ha mai investito su politiche che agevolino concretamente la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per le donne”.
 
Da parte di tutta la CGIL, Valentina Fragassi allora lancia l’appello a tutte le istituzioni salentine “di farsi carico di questa situazione. Se a livello nazionale è evidente il fallimento delle politiche sul lavoro e l’assenza di investimenti nel Sud, a livello territoriale è necessario uno scatto di orgoglio. Non si possono usare parole come industria del turismo, se le istituzioni non investono in formazione di professionalità e se le imprese non spingono sulla qualità e nella legalità del lavoro oltre che nell’offerta dei servizi e nell’innovazione tecnologica. E questo vale anche e soprattutto per l’industria, il manifatturiero e l’agroalimentare. La crescita non può essere pagata sempre dai lavoratori!
 
“Siamo convinti – conclude – che la provincia di Lecce possa puntare a diventare territorio di eccellenza nell’agroalimentare, nell’artigianato, nell’industria, nel turismo. Ha tutte le carte in regola, ma occorre impegno e senso di responsabilità da parte di tutti”.
 
Grido dall’allarme anche da parte della CISL che per voce del Segreterio Generale di Lecce Antonio Nicolì ricorda come “questo è il decimo anno in cui la ricorrenza del Primo Maggio deve fare i conti con gli effetti nel mondo del lavoro di una crisi che ha dilaniato ed ancora dilania la condizione del lavoro e le speranze di lavoro.
 
La scelta delle Confederazioni nazionali – spiega – di celebrare la giornata a Portella della Ginestra è significativa per tutti, ma in particolare per quei territori che ancora combattono fra una sfida di modernità e di futuro, della cui necessità si ha consapevolezza, ed il permanere di fenomeni di sfruttamento e di prevaricazione, odiosi ed arcaici, che ledono la dignità delle persone, attraverso la disoccupazione, il lavoro nero, il caporalato, lo stato permanente di precarietà.
 
Ecco allora il senso nuovo e vecchio della giornata, esplorare nuove strade, cercare nuove risposte, rimettendo al centro il valore antico del lavoro per la persona e per la società. Non è più tempo di sole parole, ma di impegni e di responsabilità ad ogni livello.
 
Per una riforma fiscale che non tratti e tassi il lavoro peggio delle rendite e dei beni superflui; per la realizzazione di un sistema di politiche attive del lavoro che non lasci sole le persone che perdono un posto di lavoro o i tanti giovani che ancora cercano il primo; per una azione coordinata ed incisiva di contrasto alle troppe situazioni di povertà e di esclusione; per una idea di territorio che veda attori sociali ed istituzionali accettare le sfide di percorsi di crescita dei sistemi produttivi locali, nel manifatturiero, nel turismo, nell'agroalimentare, nella tutela dell'ambiente e del territorio, nei servizi di cura, generativi di nuova e buona occupazione e di nuova e buona impresa”, conclude Nicolì.
 
Per il Segretario generale Uil Lecce Salvatore Giannetto “un tempo il 1 Maggio era occasione di festa e di proposte per guardare con fiducia al futuro in termini di sviluppo e di occupazione, oggi rischia di essere solo una triste elencazione di arretramenti di carattere economico e sociali, a partire dal nostro Paese, dal Mezzogiorno e dalla nostra provincia”.
 
Anche Giannetto mette al centro la questione giovanile: “basti ricordare il calo del 30% in meno di iscrizioni universitarie a Lecce nel corso degli ultimi 10 anni. È saltato qualunque patto sociale a causa di un’incapacità delle classi dirigenti di delineare scenari e strategie di sviluppo di fronte ad una crisi che non è più ineluttabile come si crede. In assenza di una vera riforma dello stato sociale il precedente Governo ha proceduto ad eliminare i vecchi ammortizzatori delle crisi aziendali.
 
L’impennata del 7,7% della Cassa integrazione relativa al primo trimestre dell’anno nella nostra provincia, è seconda in Puglia solo alla provincia di Foggia. Per il Salento lo smantellamento dei sostegni al reddito significheranno nel 2017 ben 4000 unità senza più reddito”.
 
Il massimo esponente di UIL Lecce, però, non vuol sentir parlare di rassegnazione e sfiducia. “Vi sono risorse inutilizzate, a partire da quelle dei Por 2014-2020, assegnate a questo territorio per l’industria, il turismo, la cultura e le strutture socio-sanitarie, che una nuova classe politica territoriale e funzionariale potrebbe sfruttare, se solo si riprendesse un dialogo fattivo fra le parti ed una collaborazione leale, se solo si superassero in alcuni casi colpevoli ritardi burocratici.
 
Segnali di incoraggiamento anche se insufficienti, sono rilevabili nell’inversione di tendenza nella delocalizzazione del Tac, nella vitalità persistente del nostro turismo e del settore agroalimentare, nel fermento culturale che caratterizza il nostro territorio e nella storica densità del nostro artigianato.
 
Abbiamo il dovere e la possibilità – conclude – a partire dal comune Capoluogo che si appresta a rinnovare il proprio Consiglio comunale, di offrire sedi qualificate per proiettare idee e progetti credibili sul territorio, capaci di ridare forza e slancio alla parte migliore della nostra economia e della nostra popolazione”.