Francesco lo incontri ed immediatamente ti colpisce l’atmosfera rara e profonda nella quale ti senti immerso all’improvviso. Lo capisci subito che il suo sorriso, semplice e non artefatto, è il risultato di una serenità dell’anima che nasce da lontano. Almeno geograficamente, scopriamo che è così.
‘Francesco’ è un nome che da sempre evoca la bellezza della natura e la genuinità dell’essere umano. E forse era tutto nel suo nome, il bisogno di Francesco di mettersi alla prova come uomo e come credente. Nasce da questo e dalla forza interiore, un’esperienza che solo le persone speciali possono intraprendere: il commino di Santiago.
28 giorni di cammino e oltre 860 chilometri di natura, storia, cultura, nuove amicizie e vecchi sogni ma anche di paure, dolore, sofferenze e preghiere. Il tutto sfidando se stesso per poter essere simbolo ed emblema di una forza di volontà che può cambiare le carte in tavola. E le carte di Francesco avevano parlato chiaro. Come, del resto, avevano fatto anche i medici. Francesco, infatti, è quello che la scienza chiama ‘trapiantato’; lui, undici anni fa aveva subìto un delicato intervento, il trapianto di rene, dopo anni di dialisi.
Per un trapiantato, queste sono sfide ai limiti imposti dalla medicina. Francesco, però, conosce bene il valore della vita e si prepara con coscienza e consapevolezza a questa prova. Il cammino di Santiago, del resto, è un progetto forte che reca in se l’audacia di chi sa dare spazio alla propria anima per cercare se stesso e trovare le risposte agli interrogativi posti delle nostre frenetiche esistenze.
Leccenews24 ha voluto incontrare Francesco per raccontare la forza e il coraggio di un uomo che con l’eccezionalità di quest’impresa è testimone dell’incantevole bellezza della Vita.
Francesco, come nasce l’idea di questo viaggio?
Io non lo chiamo viaggio, perché se si parla di viaggio, si pensa al divertimento, al mare, al relax. Il cammino di Santiago è, più che altro, un’esperienza intensa che attraversa le inquietudini più profonde mentre, passo dopo passo, provi a raggiungere la meta. L’idea di intraprendere questo cammino nasce, quindi, dal bisogno di mettermi alla prova e di riappropriarmi dei miei pensieri.
Francesco, in questo cammino, tu porti con te, nel tuo zaino, solo una piccola macchinetta fotografica. Niente telefonino, niente tablet, nessun altro prodotto della tecnologia. Ma come fa l’uomo di oggi a rinunciare a tutto questo?
In realtà, quando ho intrapreso questo cammino, sentivo proprio la necessità di ‘staccare’ la famosa spina che ci tiene connessi al mondo virtuale. Un’esigenza che mi raccontavano anche i miei compagni di viaggio che incrociavo nelle varie tappe. Probabilmente la troppa tecnologia ci allontana dai rapporti semplici e ci rende incapaci di vedere oltre una chat o un link. Non nego che nei primissimi momenti ne ho sentito la mancanza. Ma la preghiera, il pensiero delle persone che fanno parte della mia vita e soprattutto quello di mia figlia mi hanno dato forza e fatto compagnia. Stare lontano dalla troppa tecnologia mi ha permesso così di riappropriarmi della capacità di dare un nuovo valore a cose e persone.
Cos’hai ritrovato alla fine di questo cammino? Più Dio o più te stesso?
Forse ho ritrovato più me stesso ma ho imparato a riconoscere Dio intorno a me. Era negli occhi della gente che incontravo e nella natura che ammiravo lungo il percorso. La natura, con i suoi colori e profumi che cambiavano sempre, era lì a parlarmi della bellezza del creato. Bellissimo e intenso, poi, il rapporto con il prossimo. Durante i 28 giorni di cammino ho incontrato tantissimi pellegrini che arrivavano da tutto il mondo. Con loro ho imparato a condividere, cibo, emozioni, gioie e dolori. E oggi mi sento più ricco di tante esperienze indimenticabili.
Francesco lo ascolteresti per ore. Non si può non restare affascinati dalla pacatezza della sua voce e dalla profondità delle parole che raccontano il suo cammino. Ripensare alla sua forza è un messaggio di speranza per ognuno di noi, spesso vittime di una debolezza che ingessa la Vita.
La testimonianza di Francesco è vigorosa. Un rene nuovo, la sciarpina della figlia come talismano e 860 chilometri di solitudine e fatica: nulla è mai impossibile alla volontà dell’uomo e di Dio.
di Tiziana Protopapa