
Ogni Pasqua che si rispetti ha il suo protagonista indiscusso. Nel Salento a chiudere il pranzo luculliano è, da sempre, l’agnello di pasta di mandorla. Una tradizione dolce, profumata e carica di significato, che mescola il sacro, il profano e… il talento, ma certe mani, inutile negarlo, non sfornano ‘capolavori’. Sì, perché se è vero che la pasta di mandorla è sempre deliziosa – e chi osa negarlo venga colpito da una pioggia di confettini – è altrettanto vero che alcuni agnelli sembrano avere un’espressione che urla “perdonami”. Senza ipocrisia a zucchero velo.
L’intenzione era buona. Il risultato? Dipende dai punti di vista.
L’agnello, si sa, è simbolo di purezza, sacrificio e rinascita. E la pasta di mandorla è una delle preparazioni più nobili della tradizione dolciaria italiana, fatta con mandorle finemente tritate, zucchero e tanto amore (oltre a una dose abbondante di pazienza).
Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo… . Perché, diciamolo: se alcuni agnelli sembrano piccole opere d’arte pronte per essere incorniciate (o, meglio, mangiate), altri hanno espressioni opinabili, quasi inquietanti. È quasi una ricorrenza. Ogni anno a Pasqua, puntuali come la zia che ti chiede se sei fidanzato/a, arrivano gli agnelli di pasta di mandorla brutti.
Agnelli bruttarelli
Dietro ogni agnello c’è una storia: una nonna con le mani appiccicose di zucchero, una zia che “ci mette il cuore”, una tradizione tramandata da secoli. Eppure, ogni anno, qualcosa nella preparazione di questo dolce tributo alla tradizione va storto. C’è quello quello con la testa sproporzionata, quello con la croce più grande di lui, e poi c’è l’immancabile agnello dalla bocca rossa fuoco che pare uscito da un cartone animato psichedelico degli anni ’70.
Ma il bello è proprio questo: non si giudica un agnello dalla faccia, ma dal sapore. Perché anche l’agnello più sghembo, con la lana scolpita a colpi di coltello da burro, nasconde un cuore di mandorla che sa di casa, di nonne indaffarate, di mani zuccherose e di Pasque passate tra chiacchiere e tovaglie con le gallinelle stampate.
Ma oggi siamo qui per dirlo forte: basta body shaming dolciario. Non è colpa loro se sono brutti. Facciamo pace con la realtà: l’agnello di pasta di mandorla non è fatto per vincere concorsi di bellezza, ma per scaldare il cuore (e rovinare un paio di diete). E poi, parliamoci chiaro: preferiamo mille volte un agnello bruttino ma fatto con amore, piuttosto che una colomba industriale con la personalità di un cartone della spesa.
In fondo, quegli occhietti fuori posto e quel musetto inquietante sono la firma di un artigiano vero. E poi, tra un morso e l’altro, c’è sempre spazio per una risata.
Conclusione (ma col cuore)
La prossima volta che ricevi un agnello di pasta di mandorla un po’ così, non giudicarlo.
Non ridergli in faccia.
Non metterlo su Instagram con la caption “chiamate un esorcista”.
Guardalo. E poi mangialo senza pietà.
Perché anche se non è bello, è fatto con il cuore.
E alla fine, chi può dire di no a un dolce che sa di casa, di tradizione, e di “non importa se sei brutto, basta che sei buono”?
Condividi se anche tu hai ricevuto un agnello così brutto da doverlo benedire prima di mangiarlo.
ph. tratta dalla pagina facebook Agnelli di pasta di mandorle brutti