
Quante storie potrebbe raccontare l’Autostrada del Sole, se solo potesse parlare. Conosciuta come A1, questa striscia d’asfalto lunga quasi 760 chilometri è molto più di una semplice strada. È un simbolo di rinascita dopo la seconda guerra mondiale. Terminato il conflitto, c’era una grande voglia di ricominciare, di rimboccarsi le maniche per ricostruire il Paese e l’automobile, simbolo di velocità, benessere e dinamismo, era diventato l’emblema di questo sentimento. Ma è anche un segno di unità. Collegando Milano a Napoli, aveva avvicinato il Nord industrializzato al Sud agricolo, divisi fino ad allora da due lunghissimi giorni di viaggio su strade statali affollate, fatiscenti e pericolose. Con la realizzazione dell’imponente infrastruttura, invece, “si davano la mano”, come scritto a caratteri cubitali in un titolo il giorno dell’inagurazione. Quelle otto ore necessarie per percorrerla fece sognare di abbattere anche le barriere culturali ed economiche.
Le radici dell’idea
La visione di un’autostrada che attraversasse l’Italia nacque negli anni ’50, in un contesto di ricostruzione nazionale. L’Italia, reduce dalle devastazioni della Seconda Guerra Mondiale, era impegnata in un vasto programma di modernizzazione delle sue infrastrutture. L’esigenza di collegare efficientemente le regioni spinsero il Governo a concepire un’opera grandiosa e ambiziosa. Il primo problema da superare era la burocrazia. Un ostacolo superato suddividendo l’autosole in lotti di massimo 5 chilometri. Una intuizione di Fedele Cova, un ingegnere piemontese dalle grandi capacità manageriali che aveva tracciato la bozza del progetto definitivo, che restò segreto fino alla fine per evitare pressioni e condizionamenti. Per disegnarlo aveva intrapreso un viaggio sulla gemella dell’Andrea Doria, il transatlantico “Cristoforo Colombo”, per recarsi negli Stati Uniti, dove aveva scoperto la segnaletica, gli spartitraffico o la gestione elettronica dei caselli.
Ogni lotto aveva una sua “scatola”, un blocco di fascicoli che veniva consegnato all’appaltatore che aveva vinto il ‘concorso’, All’interno c’erano tutte le informazioni necessarie per la costruzione. Tutti i cantieri erano supervisionati costantemente, per non avere varianti superflue in fase d’opera, quelle modifiche al progetto che avrebbero poturo provocare durante la realizzazione ingenti ritardi.
La sfida della costruzione
I lavori iniziarono il 19 maggio 1956 con la posa della prima pietra, in una cerimonia con l’allora Presidente della Repubblica, Giovanni Gronchi. L’Autostrada del Sole rappresentava una sfida tecnica senza precedenti: attraversare montagne, colline e pianure, richiedendo la costruzione di numerosi ponti, viadotti e gallerie. Tra i tratti più impegnativi vi furono quelli dell’Appennino tosco-emiliano, dove fu necessario superare le difficoltà geologiche e climatiche. E che dire della curva Fanfani, il tratto che, secondo una leggenda, il leader della Dc tracciò sulla mappa con una matita rossa per avvicinare l’A1 ad Arezzo. Un cambiamento quasi impercettibile del progetto originario che ha fatto discutere.
La velocità e l’efficienza con cui fu portata a termine la costruzione sono impressionanti: l’autostrada fu completata e inaugurata il 4 ottobre 1964, con quasi un anno di anticipo rispetto ai tempi previsti. Questo traguardo fu reso possibile grazie a una pianificazione rigorosa, un’organizzazione meticolosa e l’impegno instancabile di migliaia di operai, che lavorarono giorno e notte. Senza mai dimenticare il pezzo pagato di 74 vite perse. Agli operai scomparsi è dedicata la chiesa disegnata da Michelucci con la copertura a tenda, per accogliere gli automobilisti-viandanti.
L’inaugurazione: un momento storico
L’inaugurazione dell’Autostrada del Sole, costata quasi 300 miliardi di vecchie lire, fu un evento di portata storica. Alla cerimonia parteciparono importanti figure politiche che sottolinearono l’importanza dell’opera non solo come infrastruttura, ma come simbolo di un’Italia unita e proiettata verso il futuro. Ad Amintore Fanfani che aveva scolpito il senso più profondo dell’opera, «Adesso l’Italia non è più divisa in due», si aggiunse lo sguardo verso il futuro di Aldo Moro, «l’Autostrada del Sole è il simbolo di un’Italia moderna e civile». La conclusione dei lavori rappresentava la materializzazione di una visione di progresso e coesione nazionale.
Impatti economici e sociali
L’Autostrada del Sole, un capolavoro di ingegneria civile, apprezzato in tutto il mondo (con 400 ponti e 38 gallerie), ha avuto un impatto profondo sull’economia e sulla società italiana, facendo da sfondo al crepuscolo del boom economico. Ha facilitato il trasporto di merci tra il prospero nord industrializzato e il sud in via di sviluppo, contribuendo in maniera significativa alla crescita economica delle regioni meridionali. Ha inoltre rivoluzionato il turismo, rendendo più accessibili le meraviglie culturali e naturali del paese a milioni di italiani e turisti stranieri.
Un Simbolo di Unità
Oltre alla sua funzione pratica, l’Autostrada del Sole è diventata un potente simbolo di unità e modernità. Collegando fisicamente le diverse regioni del paese, ha contribuito a superare le storiche divisioni culturali e sociali, rafforzando il senso di appartenenza e identità nazionale. Percorrere l’A1 significa non solo viaggiare attraverso l’Italia, ma attraversare un pezzo di storia, respirare l’aria di un’epoca in cui la nazione si univa per costruire un futuro migliore.
L’Autostrada del Sole rappresenta una delle opere più emblematiche nella storia delle infrastrutture italiane. La sua costruzione e il suo sviluppo continuo riflettono lo spirito di innovazione e il desiderio di progresso che hanno caratterizzato l’Italia del dopoguerra. Oggi, l’A1 non è solo una via di comunicazione essenziale, ma anche un simbolo di speranza e rinascita, un testimone silenzioso del percorso di un paese che ha saputo risollevarsi e guardare avanti con fiducia e determinazione.
Ma perché da allora le grandi opere pubbliche sono diventate spesso sinonimo di inefficienze e ritardi? La risposta arrivò da Cova, in un’intervista degli Anni ’70 al Corriere della Sera: “Il segno del cambiamento si ebbe nel 1964. Prima mi avevano lasciato tranquillo, forse perché non credevano nelle autostrade, forse perché non si erano neppure accorti di quello che stava accadendo. Ma con la fine dell’Autosole cominciarono gli appetiti, le interferenze. Prima quello che contava era fare le strade, farle bene, farle in fretta. Poi contarono altre cose: l’assegnazione degli appalti, le quote da spartire, la scelta elettorale dei tracciati, i ‘clienti’ da far assumere e sistemare”. I fatti gli hanno dato ragione.