Sacrosanto il richiamo del comandante della polizia municipale di Lecce al rispetto delle norme del codice della strada anche da parte dei ciclisti, e’ vero chi va in bicicletta non può e non deve pensare di fare ciò che vuole ma deve rimettersi alle stesse regole che riguardano i conduttori di autoveicoli o motocicli. Ma sarebbe più facile rispettare le norme se ci fossero le condizioni giuste per farlo.
Le biciclette che salgono sui marciapiedi lo fanno non tanto per contravvenire alle norme del codice della strada, quanto per ragioni di sopravvivenza, in assenza di piste ciclabili vere e proprie o presenti sull’intero impianto urbano leccese, i poveri ciclisti cittadini devono tentarle tutte per arrivare vivi e vegeti a destinazione.
Così come non vi è alcuna considerazione per chi si muove a piedi (spesso i pedoni devono supplicare di poter passare anche sulle strisce pedonali) così anche le biciclette vengono ignorate o addirittura non viste. Nessuno che dia alcun cenno di civica comprensione al povero ciclista di turno che rischia di essere investito, strattonato, tamponato. Insomma una cosa assurda, drammatica che impone riflessioni serie. Qualora vi fossero le condizioni ottimali, o quantomeno quelle minime si potrebbe portare alle estreme conseguenze il dovere del rispetto delle regole, ma in queste condizioni non si può chiedere alle biciclette di non utilizzare piazze e marciapiedi.
Il controsenso magari no, perché è rischioso per gli stessi ciclisti, e men che meno l’uso di telefonini mentre si dovrebbe stare con due mani sul manubrio, come nel caso di cronaca che abbiamo raccontato e che ci ha comunicato il comando dei vigili urbani.
Però, stiamo attenti, evitiamo di penalizzare oltremodo chi è già penalizzato in partenza, perché lo abbiamo scritto e lo riscriviamo: “Lecce non è una città per biciclette”.
Tania Tornese
