No del Tar alla Soprintendenza, via libera alla bonifica dei cordoni dunali del litorale di Alimini

I giudici hanno sospeso l’efficacia del parere con cui la Soprintendenza aveva di fatto bloccato l’esecuzione del progetto del Comune di Otranto tesi al recupero degli habitat dell’area.

Con ordinanza pubblicata nella giornata di ieri il Tar di Lecce ha sospeso in via d’urgenza l’efficacia del parere con cui la Soprintendenza aveva di fatto bloccato l’esecuzione del progetto del Comune di Otranto che interessa il litorale ricadente nel SIC Alimini che ha origine in prossimità della foce a mare del Lago Alimini Grande e si sviluppa verso nord per una lunghezza di circa 1,5 km. e per una profondità di circa 50 m., con una estensione complessiva di circa 29.893 metri quadrati e avente per oggetto interventi – finanziati dalla Regione Puglia con un contributo di € 285.667,00 a valere sul P.O. FESR 2014-2020 – tesi al recupero degli habitat di interesse prioritario e comunitario del SIC Alimini maggiormente, interessati da minacce di natura geografica, per favorire il consolidamento e la ricostruzione dei cordoni dunali attraverso interventi di ingegneria naturalistica e ad un miglioramento paesaggistico complessivo del sistema costa, attraverso la rigenerazione della vegetazione dunale, la chiusura di alcuni varchi attraverso le dune tramite l’installazione di staccionate in pali di castagno e l’apposizione di palizzate a tutela del piede dei cordoni dunali dall’erosione.

Un encomiabile progetto di tutela ambientale e paesaggistica, verrebbe da pensare a chiunque. Eppure la Soprintendenza si era in qualche modo messa di traverso, pur sostenendo di condividerne gli obiettivi. Questa aveva infatti imposto quale condizione del proprio parere favorevole che tutte le opere fossero realizzate in egual misura in tutti i tratti costieri, ivi compresi quelli interessati da stabilimenti balneari e che vi si potesse dare corso solo dopo l’avvenuto smontaggio di tutti i lidi che insistevano in quelle zone. Il che sarebbe valso, in buona sostanza, a fare saltare il finanziamento e quindi il progetto, posto che il disciplinare sottoscritto con la Regione Puglia prevedeva, come sempre in caso di interventi finanziati, tempi di realizzazione assolutamente incompatibili con le condizioni imposte dalla Soprintendenza, tanto più considerato il fatto che molti degli stabilimenti balneari avevano impugnato i provvedimenti di smontaggio ed avevano giudizi pendenti sul loro diritto a mantenere le strutture installate anche d’inverno.

Da ciò la decisione del Comune di ricorrere al Tribunale Amministrativo Regionale del capoluogo, dando mandato all’avvocato Mauro Finocchito di chiedere l’annullamento delle condizioni imposte dalla Soprintendenza.

Tra i motivi di ricorso il Comune ha eccepito la piena conformità degli interventi previsti ai decreti di vincolo ed al PPTR (Piano Paesaggistico Territoriale Regionale), il fatto che la rigenerazione interessasse anche, seppure in minor misura, i tratti con presenza di stabilimenti balneari e l’irrazionalità della decisione di condizionare l’approvazione del progetto di rigenerazione dunale allo “avvenuto smontaggio delle strutture balneari”, dovendo la legittimità di queste ultime valutarsi nei distinti procedimenti che le riguardavano, e non in questo.

L’ordinanza del Tar ha condiviso le argomentazioni della difesa del Comune, stabilendo che “le prescrizioni in contestazione – ovvero quelle apposte al parere favorevole espresso sul progetto … non appaiono coerenti con la funzione esercitata, atteso che l’estensione dell’intervento di riqualificazione ambientale ‘a tutto il litorale interessato’ e – a maggior ragione – la previa rimozione di tutte le strutture a servizio degli stabilimenti balneari in essere, comporterebbero una radicale trasformazione del progetto di riqualificazione degli habitat costieri cosi come proposto ed approvato, sia con riferimento al diverso e ben più consistente impegno finanziario richiesto, sia soprattutto con riferimento alla tempistica di realizzazione dell’intervento programmato, non compatibile (oltre che con la rimodulazione del progetto) con l’attività di rimozione di tutti gli stabilimenti balneari”; e conseguentemente ne ha disposto la sospensiva “sia in ragione della conseguente perdita del finanziamento, sia in ragione dell’interesse pubblico prevalente alla realizzazione
dell’intervento”.

“La vicenda rivela alcuni risvolti kafkiani”, commenta l’avvocato Finocchito. “Nel senso – ma è solo una mia personale opinione – che, in preda a questa sorta di smania recente di ‘perenne diniego’, la Soprintendenza abbia, per così dire, ‘perso il controllo’ dei propri poteri, per certi versi sconfinati, rischiando – per citare Wundt – l’eterogenesi dei fini: cioè non si è avveduta che l’impossibile realizzazione, nei tempi e nei termini stabiliti, delle ‘condizioni” da essa imposte avrebbe prodotto, senza il provvidenziale intervento del Tar, l’unico e paradossale effetto della perdita del finanziamento e, con esso, il naufragare di un progetto di rinaturalizzazione ambientale importantissimo per un sito sensibile come il SIC Alimini, con il ben intuibile grave danno pubblico che ne sarebbe derivato. Da avvocato, ma ancor prima da salentino, sono lieto di avere dato il mio contributo professionale per porre rimedio ad una simile, assurda distorsione”.