Cari leccesi accontentatevi della festa così com’è. Di questi tempi è già un lusso…

Lettera di un leccese alla festa di Sant’Oronzo. La festa patronale non è più quella di una volta e non potrà mai più esserlo. I tempi che viviamo sono contro di essa.

L’alternativa sarebbe eliminarla del tutto ed anzi è un’opzione sulla quale sarebbe utile riflettere seriamente, ma in tempi oscuri come quelli che stiamo vivendo è già tanto se possiamo avere una festa di Sant’Oronzo (leggi la storia del Santo patrono) a buon mercato.

A nostro avviso è un lusso spendere tante energie e soldi per qualcosa che appare ormai del tutto superfluo. Lo abbiamo già spiegato: la funzione sociale della festa patronale è venuta meno negli ultimi anni (parliamo delle festa civile, non religiosa). Non si avverte più il bisogno di un momento di festa per la città, perché Lecce è in festa tutto l’anno, specie d’estate, con invasioni pacifiche e redditizie di pubblici diversi, turisti e vacanzieri provenienti da tutto il mondo.

Gli stessi leccesi vivono la città per l’intero arco della bella stagione e quindi si è perduta l’attesa per il glorioso momento del ritorno dalle vacanze a Sant’Oronzo. La festa non serve, è inutile e quindi brutta, e lo sarà sempre di più, non certo per colpa di questo o quel Sindaco, colpevole di non renderla uno spettacolo mirabolante, ma perché sono cambiati i tempi, le abitudini di vita e le prospettive.

Mai avevamo registrato così scarsa partecipazione alla processione dei Santi patroni. Se escludiamo i turisti, c’erano veramente ben pochi leccesi, a testimonianza di una disaffezione che affonda le sue radici negli anni passati, quando alla fine degli anni ’90 ben altri eventi e ben altre feste e spettacoli hanno soppiantato il valore e il significato della festa dei leccesi. Anacronistica e priva di fascino la festa patronale a Lecce è rimasta terreno di contesa per dibattiti e polemiche e per qualche nostalgico che ricorda la sua giovinezza o la sua infanzia con il cuore che gli batteva per la banda e per lo zucchero filato. Come quella signora innamorata della sua bambola di pezza, ormai consunta, in un tempo in cui le bambole parlano e camminano.

Quando cantava Bruno Petrachi (a proposito, che fine ha fatto l'idea lanciata da leccenews24 e accolta dal Sindaco di dedicargli almeno una via nella sua Lecce?) la festa di Sant’Oronzo era la festa per eccellenza, ora che cantano tutti i cantanti italiani più famosi in tutto il Salento, la festa è rimasta una piccolissima parte dell’offerta.

Ma pensiamo davvero che ci vogliano due luminarie accese per rischiarare il buio della stagione che stiamo vivendo? Con la voglia di fuggire dalla realtà di crisi che abbiamo tutti, i problemi di lavoro, il disagio e l’imbarazzo delle pubbliche amministrazioni, prive di potestà legislativa e finanziaria, c’è ben poco da festeggiare in mezzo alle bancarelle in strada. C’è bisogno di altro, cari leccesi. Il mondo va avanti perché qualcuno inventa e crea cose nuove, la tradizione fine a se stessa è poca roba, talvolta inutile o addirittura dannosa, perché non agevola il progresso e lo sviluppo.

E’ sicuramente bello ricordare il passato, per chi ha bei ricordi è davvero bello, ma lo è solo quando il presente è sicuro e il futuro è garantito.

Chi ha creato la Notte della Taranta ha fatto qualcosa di nuovo e di grande, chi ha generato la movida di notte ha incrementato l’immagine e l’economia del territorio, chi ha costruito strade ha facilitato la crescita delle nostre periferie. Ma la festa di sant’Oronzo quale frontiera apre ai nostri progetti di crescita? Temo nessuna. E’ solo celebrazione di un sentimento civico che fu. Pensiamoci…



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