Massimiliano Latorre e Salvatore Girone hanno smesso di essere “semplici” fucilieri del Battaglione San Marco in servizio antipirateria su una nave mercantile battente bandiera italiana, per diventare i protagonisti di una vicenda tanto complicata quanto assurda, al di là dell’aspetto politico, dei rapporti tra i due paesi coinvolti, al di là delle vere responsabilità o del diritto. La sensazione della gente comune, nella sua “ignoranza”, è quella di essere finiti in un vicolo cieco, con le spalle al muro. Come una partita a scacchi, terribilmente seria, nella quale troppe mosse sbagliate hanno compromesso forse in modo irrimediabile il risultato finale. E il risultato finale contempla anche la condanna a morte. Prima del 15 febbraio 2012 in pochi sapevano chi fossero i Marò. E ancor meno cosa fosse la Sua Act, la normativa che, seppure con finalità di repressione del terrorismo e della pirateria, stabilisce che venga punita con la pena capitale qualsiasi azione dalla quale sia stata provocata la morte di una persona in mare.
Due anni dopo, attendiamo ancora di conoscere la verità se chiedere giustizia è troppo: e per Latorre e Girone, italiani trattenuti in India in attesa di un processo e per le due vittime, i pescatori Valentine Jelestine e il suo collega Ajesh Binki che si trovavano a bordo del St. Anthony.
Per questo, c’è grande attesa per l’udienza, fissata per domani, lunedì 3 febbraio, in cui la Corte Suprema esaminerà il ricorso presentato dell'Italia per uscire dall'impasse in cui si trova la vicenda. I due militari sapranno finalmente di cosa l’India realmente li accusa? Dal marzo 2013, quando cioè il caso è stato affidato al Tribunale speciale, il processo non ha fatto un passo in avanti: le indagini non si sono concluse, i capi d’accusa non sono stati formulati e nei confronti dei due militari italiani rischia, come spesso è stato riportato dalla stampa locale, di essere applicata la legge antipirateria. Anche il Ministro degli Esteri, Emma Bonino, interpellata sulla vicenda a margine della conferenza di Monaco, ha ripreso le parole del Capo dello Stato definendo «sconcertante» il fatto che dopo due anni non ci siano ancora i capi di imputazione nei confronti dei marò italiani.
In India, intanto, cresce l'imbarazzo per la situazione fino al punto che il ministro degli Esteri, Salman Khurshid, ha ammesso giorni fa che la gestione del caso "è stata un disastro".