«Perché i continui rinvii…? Perché l'India teme di arrivare a questo processo? Perché è un processo leale e pulito? Ma come può esserlo se ignora le convenzioni internazionali su un fatto avvenuto in acque internazionali…Chi ha diritto di giudicare chi?… E l’immunità funzionale? Nessuna battaglia. Parole, parole, solo parole. Tante domande, ma poche risposte» Inizia così Terra!, la trasmissione condotta dal giornalista Toni Capuozzo andata in onda pochi minuti dopo mezzanotte, su Rete 4. La puntata dedicata alla vicenda dei due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone trattenuti in India da oltre due anni, è iniziata subito con una rivelazione che, se confermata, cambierebbe le carte in tavola. E se su quel tavolo in gioco c'è la sorte o il futuro di due soldati che si proclamano innocenti e la memoria di due persone, pescatori ma soprattutto padri e mariti, morti in un incidente che rischia di restare impunito, o di punire i colpevoli sbagliati si intuisce l'importanza di cercare la verità, di ridare quella dignità persa ad una vicenda che si protrae ormai da troppo tempo. «Io so – spiega il giornalista precisando di averlo appreso da fonti che non potranno mai essere rivelate e che coincidono l’una all’insaputa dell’altra – che esistono delle fotografia dell’incidente del 15 febbraio, fotografie che sono rimaste per più di due anni chiuse in un cassetto». Per quale motivo?
Sul perché questo avvenga è lo stesso Capuozzo a tentare di dare una risposta, avanzando tre ipotesi: la prima è che «gli scatti non dimostrano nulla di importante, sono inutili e per questo giacciono chiusi da qualche parte». La seconda è una risposta che fa male: «quelle immagini mostrano qualcosa, ma non possono essere rese pubbliche perché rivelerebbero una mancanza inquietante». I nuclei militari di protezione, infatti, hanno nella loro dotazione obbligatoria, oltre alle armi ed a tutto il resto, anche una macchina fotografica e una telecamera. Il Team di Latorre e Girone e degli altri quattro fucilieri che erano a bordo della Enrica Lexie, secondo il giornalista, venne inviato in missione senza poter contare su quella necessaria dotazione. «Nonostante a me risulti che avessero fatto esplicita richiesta, niente “andate ed arrangiatevi”». Rivelare le fotografie, dunque, significherebbe ammettere una mancanza risultata poi decisiva.
Infine, la terza risposta è maliziosa, cattiva ma non per questo deve essere ignorata. «Non le mostrano perché quelle foto potrebbero dimostrare la colpevolezza dei due fucilieri di marina e dunque le tengono segrete per una “complice solidarietà”». Ma è un’ipotesi improbabile perché, come spiega Capuozzo, «a bordo della Lexie, quel giorno, c’erano una o forse due telecamere […] sequestrate dalla Polizia del Kerala». Il team del San Marco era composto da sei uomini, due erano impegnati a fronteggiare la “minaccia” gli altri sapevano bene quanto fosse importante documentare quello che stava succedendo, come prova e a futura memoria. «Se gli inquirenti indiani – ragiona il giornalista- tengono quel filmato chiuso in un cassetto vuol dire che non costituisce, per loro, una prova resina a sostegno delle loro accuse ma anzi, qualcosa che prova il contrario, che li smentisce». Insomma, se quelle immagini dimostrassero la colpevolezza dei due marò le autorità indiane le avrebbero mostrate. Invece, probabilmente, è il contrario.