Lontani da fede e preghiera, ma incollati ai riti tradizionali. I cristiani ‘poco convinti’ imperversano

La spiritualità cristiana è fatta di forme interiori ed esteriori, ma quando i segni prevalgono sulla sostanza della fede allora la religione diventa una pratica inutile

Segni della croce prima di entrare in campo durante una partita di calcio, baci alle statue, partecipazioni distratte ai riti sacri, ci sono mille forme e formalismi di cui è fatta la vita del credente, ma il Cristianesimo non è nato per perdersi nelle tradizioni. La pietas popolare si nutre di meccanismi consolidati, spesso ripiegati su se stessi, dove scenografia e spettacolo prendono il sopravvento e dove la parola di Dio resta invece sullo sfondo.

L’amore per il prossimo, il rispetto dei ‘consigli evangelici’, la preghiera, sono considerate ormai un fardello pesante che lascia fin troppo spazio alla leggerezza delle cosiddette tradizioni da conservare. È il destino crudele delle feste patronali o di alcuni riti della Settimana Santa.

C’è tanta gente che non prega quasi mai, ma che non si perderebbe certo la benedizione dei ramoscelli d’ulivo la Domenica delle Palme, intere famiglie che mettono piede in una chiesa solo il giorno della festa del Santo protettore, o improbabili cristiani che sgomitano per i riti del venerdì santo , ma che non fanno la comunione dai tempi della cresima.

Un disastro, insomma, una confusione vergognosa, una babele tipica del nostro tempo, in cui ci vorrebbe un nuovo catechismo per adulti e bambini, e magari qualcuno che ci ricordasse che anche la Fede, anzi principalmente quella, ha regole precise, e non è una democrazia del gradimento dove vince il sentimento che sento.



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