L’arrivo a Vienna, la visita della città e di Mauthausen. L’emozionante racconto di Davide Urso

I viaggi di Davide Urso proseguono attraverso i suoi racconti. Un “diario di bordo” attraverso le colonne di Leccenews24.it. Oggi, l’esperienza a Vienna.

Giorno 56 – Vienna, km 15556

Dopo una note di attesa, la mattina è arrivata, puntuale, e con essa l’apertura del campo di concentramento.

L’ingresso era gratuito e facoltativamente e per 3 € si poteva noleggiare l’audio-guida in italiano; mentre lasciavo il documento d’identità all’addetto, gli chiedevo se si potesse risalire con certezza che mio nonno fosse stato prigioniero proprio in quelle mura, se ci fossero dei documenti ufficiali circa i nomi dei deportati; il suo interessamento alla questione mi stupiva e, dopo essersi fatto raccontare la storia della fuga, mi ha restituito le monete dicendomi “Non vogliamo i soldi dei parenti di chi ha sofferto qui”. Un bel gesto, molto delicato, che mi ha lasciato sorpreso e felice al tempo stesso.

La parte più interessante era il giardino esterno alla struttura, nel quale ogni nazione che aveva avuto vittime ha eretto un suo monumento in loro onore; alcuni sobri e altri vistosi, ma tutti con un senso; un’intera parete era dedicata ai caduti italiani, con targhe ufficiali e messaggi di associazioni locali, ancora messaggi personali di parenti e discendenti, nomi di persone morte, intere comunità che si piegavano alla memoria. Le lacrime scendevano e la rabbia cresceva, senza che potessi destreggiare i fili le mie sensazioni.

Negli anni passati avevo visitato Auschwitz, ma quella volta era stato diverso, provavo vergogna per il genere umano capace di una barbarie tale verso lo stesso genere umano. A Mauthausen stavo provando rabbia, una rabbia personale perché in quel campo vi era stato mio nonno, uno dei pochi a uscirne vivo, ma che comunque ha sofferto come io mai potrei soffrire; riflettevo su come, oltre a essere una situazione di violenza e privazione inaudita, vi era la componente dell’insensatezza di ciò che stesse succedendo. Le poche baracche ancora in piedi facevano ben intendere come potesse essere la vita all’interno del campo, sia per i semplici prigionieri che per i kapo.

Un quaderno con le dediche dei visitatori ha attratto l’attenzione, mi sono soffermato a leggere cosa usasse scrivere chi passava di lì, quindi ho avuto voglia di lasciare anche io una dedica, ma non sapevo cosa scrivere, erano troppo intense le emozioni che si sovrapponevano. Sono una persona molto sensibile, lo sto affermando con un senso negativo, perché spesso le impressioni sopraffanno il senso razionale che dovrei avere; pensavo in continuazione a mio nonno e a quanto fossi fiero di essere un suo discendente, quindi ho deciso di scrivere solo poche parole, anonime: un nipote orgoglioso di suo nonno.

Era mezzogiorno ed era tempo di ritornare alla magnifica Vienna, che non potevo lasciare così, senza visitarla almeno un altro pomeriggio. Dopo una chiacchierata abbastanza lunga e completa con un funzionario italiano del campo, sono ritornato indietro, verso la capitale austriaca, dove ad attendermi c’era Marianna, la ragazza conosciuta a Copenaghen, ormai mia amica. Mi ha accompagnato a spasso per il centro, poi sulla terrazza di un edificio dal quale si vedeva il panorama cittadino, poi a mangiare un gelato e poi in un parco. Visitare la città da solo mi dà una sensazione di libertà, ma visitarla con qualcuno mi dà allegria, soprattutto se è una locale, amplia ciò che posso conoscere perché mi dare risposta ai dubbi che si formano e posso ascoltare le curiosità degli edifici e dei luoghi più importanti… in altre parole, mai mi sarebbe venuto in mente di salire su quell’edificio, gratuitamente, e osservare Vienna dall’alto, se non fosse stato per quella ragazza.

Marianna doveva andare a lavorare e sono rimasto a godermi la sera tranquilla, da solo, a riflettere su quanto abbia visto e appreso oggi, un giorno toccante ed emozionante: un giorno nel quale i brividi mi hanno accarezzato più di una volta, ma anche la rabbia e la felicità. Ho pensato, ho gioito, ho abbracciato un’amica, ho ammirato una città, ho riflettuto e ho mangiato un buon schnitzel. Che giornata memorabile.

Davide Urso



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