L’alba arriva luminosa, tira vento e per strada ci sono solo pochi lavoratori. Si è andati a letto presto, il tramonto lo aspettano pochi nostalgici che affrontano gli ultimi scampoli di un’estate bollente ma corta.
Resiste qualche b&b, alberghi e ristoranti iniziano a svuotarsi. Il Salento in bus non c’è più, perché mezzi e risorse umane sono le stesse che servono a studenti e pendolari della provincia.
Quel poco che è stato fatto in venti anni di flussi in costante crescita è poco, troppo poco, ed è fragile, fin troppo.
Il modello turistico salentino si fonda sulla nascita spontanea di una domanda che incontrò un’offerta improvvisata. La sua crescita, dovuta all’attrattività del territorio e a vari macrofattori, è stata una crescita quantitativa, destrutturata.
Il 70% di presenze in 5 mesi, il pernotto medio spesso sotto la media nazionale. Aumentano gli arrivi internazionali, come un po’ ovunque, ma sempre in proporzione minima rispetto a 3 Regioni di Italia che fanno da sole il 50% dell’incoming internazionale. La domanda per oltre il 60% resta balenare.
Un modello che continua ad incrementare ricchezze, non a distribuirle, basti guardare gli stipendi dei lavoratori impegnati nel settore, spesso 7 su 7, per 8 ore al giorno e più. Lo stesso modello basato su una turistificazione dei centri storici che genera privatizzazione di luoghi e ambienti, dinamiche predatorie, speculative. Troppo spesso prezzi alti rispetto a qualità e servizi, poca manodopera qualificata, pochi professionisti coinvolti. Sempre gli stessi, in un circuito chiuso e viziato da una politica auto celebrativa e clientelare.
Di mezzo tante realtà coraggiose, imprese utili e valide, professionisti seri e capaci. In quel mezzo un territorio sfregiato più volte da abusi, inciviltà, eco reati e una criminalità che ha cambiato veste.
Un’altra stagione è finita, come nei villaggi vacanza si contano i biglietti staccati all’ingresso, si fanno i bilanci. Un’altra stagione passata a confondere il prezzo con il costo senza parlare di valore. E ancora a raccontarcela di servizi assenti, regia pubblico-privata, di destagionalizzazione. Ormai parole vuote, ritornelli.
La destagionalizzazione non esiste, al massimo andrebbero realizzate nuove stagionalità, il prezzo e la promozione sono solo due leve del marketing mix, il resto? Parleremo mai del prodotto e quindi di servizi ad esso connesso? Parleremo mai di posizionamento, quindi di una meta che deve diventare destinazione integrando località, residenti, energie, esperienze, tutele per lavoratori e ambiente?
Ne parleremo, sicuramente. Lo faremo a breve, con calma, più in là. Ora la stagione è finita, le parole pure, il sipario cala. Alla prossima stagione: buon letargo Salento.