Efsa e Cnr, uno studio rivela: è la Xylella a causare il disseccamento degli ulivi

L’Efsa rivela, attraverso una nota, che sarebbe senza dubbi la Xylella a causare il complesso da disseccamento rapido dell’ulivo. Risultati raggiunti dopo uno studio effettuato per conto del Cnr. Uno studio che contrasta con le convinzioni della Procura leccese.

Ennesimo tassello di una vicenda che non trova pace. Da un lato la scienza, convinta delle ricerche; dall’altra la Giustizia, altrettanto ferma sulle proprie posizioni. Poi, la novità che cozzano con le tesi accusatorie della Procura leccese: Il disseccamento degli olivi salentini è, senza più dubbi, colpa della Xylella Fastidiosa. La conferma arriva dall'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa), sulla base delle indagini condotte per suo conto dal Centro nazionale delle ricerche (Cnr). Le indagini giudiziarie a fine 2015, invece – annunciate, peraltro, tramite un conferenza stampa tenuta dal Procuratore Capo Cataldo Motta – sostengono ipotesi diverse, ovvero che il disseccamento rapido della pianta derivi da altri fattori. Ma andiamo con ordine, descrivendo prima lo studio diramato dal dott. Giuseppe Stancanelli, direttore dell'Unità salute di piante e animali dell'Efsa.
 
Nel dettaglio, gli ulivi inoculati dai ricercatori con la Xylella hanno presentato gli stessi gravi sintomi di quelli salentini, con disseccamento e morte. Eppure, non tutte le varietà reagiscono allo stesso modo. Ad esempio, il batterio sembra richiedere più tempo per colonizzare le varietà di Coratina, Leccino e Frantoio rispetto alla Cellina di Nardò, che è una delle varietà coltivate più comuni della zona contaminata. Il team di ricercatori del Cnr hanno sottoposto alcune varietà di raccolti al batterio, all'inoculazione diretta o usando insetti come vettori, testando oltre le olive anche uva, limoni, mandorle, ciliege e prugne e alberi come olmo, oleandro e mirto.
 
Sempre secondo i ricercatori occorrono, però, ulteriori test su un numero maggiore di varietà per comprendere le diverse risposte fisiologiche dell'olivo all'aggressione del batterio. Gli esperimenti sul campo hanno anche dimostrato che la cosiddetta “sputacchina” – ampiamente diffusa in Puglia – può trasmettere il batterio a olivi, oleandri e mirto. Al contrario nessuna delle piante di agrumi, vite o lecci sono risultati positivi per Xylella fastidiosa in seguito all'esposizione infettiva o a inoculazioni dirette. Ulteriori prove sono però necessarie per le drupacee come pesco e susino.
 
 "I risultati di questo studio – rivela Stancanelli riducono significativamente le incertezze sui rischi della Xylella nell'Unione europea. Esperimenti sul campo e di laboratorio successivi dovranno esplorare ulteriormente le risposte di oliva del Mediterraneo, con l'obiettivo di individuare varietà tolleranti o resistenti che possono essere coltivate dagli agricoltori nelle zone colpite da X. fastidiosa. "Ci aspettiamo di acquisire – conclude – ulteriori approfondimenti che aiuteranno il controllo di questa malattia dai progetti di ricerca finanziati nell'ambito del programma Horizon 2020 dell'UE”.
 
Risultati che non scalfiscono affatto le convinzioni del procuratore Motta, secondo cui i dati risultano incontrovertibili. D’altronde, lo scorso 18 dicembre si determinò un sequestro di 4mila alberi, più il blocco dei piani d’abbattimento. Lo stesso decreto sostiene che il disseccamento non fosse causato sempre dalla xylella. Insomma, non ancora “…un dato acquisito” che la manifestazione della sintomatologia e del disseccamento sia “necessariamente correlata alla presenza del batterio”.
 
C’è da aggiungere, per completezza d’informazione, che l’inchiesta riguarda soprattutto i metodi adottati per frenare la diffusione del batterio. In particolar modo l’eradicazione, bocciata pure dal TAR del Lazio dopo il ricorso di alcuni proprietari terrieri.



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