Emergenza ulivi. Parola al Presidente De Castro

La morè¬a che sta colpendo i nostri ulivi apre scenari devastanti per il territorio. Se un protocollo d’intervento mirato non verrà stilato entro tempi brevi, i rischi a cui andiamo incontro appaiono catastrofici.

Quello olivicolo è un comparto agricolo più che fondamentale per l'economia locale, un comparto  che ha permesso al Salento di essere conosciuto in tutto il mondo distinguendosi per la qualità  ed unicità dei suoi prodotti.

Negli ultimi giorni si è parlato di abbattimento degli alberi malati. Una soluzione che appare davvero drastica, considerando che, le cause di questo vero e proprio disastro debbano ancora essere accertate.  Per ora, solo ipotesi. L'attenzione è ricaduta maggiormente sul batterio – la Xylella Fastidiosa – che colpisce la linfa, provocando il disseccamento della pianta, ma la sua diffusione, come scritto nella nota tecnica della Regione Puglia – datata 18 ottobre – "avviene tramite diversi vettori, appartenenti per lo più al gruppo dei Cicadellidi, insetti di piccolissime dimensioni, di pochi millimetri che, con il loro apparato boccale pungente, acquisiscono il batterio delle piante infette e lo trasmettono a quelle sane".

"Direi che possiamo tralasciare il discorso sull'abbattimento – spiega il Presidente della Commissione Europea Agricoltura Paolo De Castro – perché non vi è alcuna indicazione in questo senso né dell'Osservatorio fitopatologico regionale né indicazioni dell'Osservatorio fitopatologico nazionale, né dal gruppo di esperti che ho avuto modo in questi giorni di contattare. Oggi come oggi non è ancora assolutamente chiaro il meccanismo attraverso il quale il batterio si diffonde. Non sono ancora chiare le eventuali concause che hanno portato a questa situazione: piante debilitate, piante colpite da fitopatie negli anni precedenti. Le questioni sono diverse. Chiarita l'assenza di pericolosità sanitaria umana – è stato positivamente accertato che non c'è alcun problema con l'olio – un pò di allarmismo sulla drammaticità della situazione va fatto".

Perché potrebbe  esserci una diffusione assai più vasta?

"Nessuno lo sa. Abbiamo raccolto dei campioni in altre zone della Puglia, dove potrebbe benissimo esserci, ma magari non manifesta ancora questi disseccamenti. La prima cosa che dobbiamo fare è mappare bene il territorio e farlo in una maniera che richiede un impegno che va molto al di là di quelle che possono essere le risorse umane e finanziarie della Regione la quale ha messo in campo quello che poteva mettere. Si è parlato con il Ministero, anche io ho sentito il Ministro De Girolamo per quanto riguardala parte europea, e sia io che lei abbiamo ottenuto ampie disponibilità di sostegno perché esistono norme che danno la possibilità di cofinanziare sia l'eradicazione della malattia, sia i danni. Ma il problema ora è precedente. Prima di occuparsi di come risanare il danno, bisogna quantificarlo e non sappiamo ancora molto. Sulla Xylella fastidiosa nell'ulivo non c'è bibliografia, non c'è letteratura . Addirittura due anni fa, proprio  sulla Xylella,  venne organizzato, su  input europeo,  un network di ricerca che si tenne a Bari. Ma mai nessuno aveva pensato all'ulivo, non si sono mai manifestati dei casi".

La situazione è più complicata di quanto si possa pensare..

"La situazione è molto complicata. Come detto, un pò di allarmismo ci vuole. La circostanza deve essere governata  con uno sforzo che va al di là dei danni. Il problema non sono i soldi, bisogna prima capire di cosa stiamo parlando e poi capire cosa serve per risolvere. E su quel che serve l'Europa farà la sua parte".

Il problema non sono i soldi?

"Ci sono dei regolamenti comunitari, già applicati in altri casi, che prevedono l'intervento della commissione che cofinanzia le spese, documentate dalla Regione. La Regione presenta il totale delle spese e fa una richiesta all'Unione europea che paga il 50% allo stato mebro. Questo non interessa il singolo operatore, interessa il costo dell'eradicazione. Poi c'è un altro intervento da parte dell'Unione che riguarda il ristoro del danno. Non c'è nulla di nuovo da questo punto di vista. L'abbiamo sperimentato con l'influenza aviaria e in tutte le volte che ci sono state emergenze sanitarie".

Se il problema non sono i soldi, né la task force di esperti già messi a disposizione per le ricerche, per quale motivo si aspetta a compiere azioni mirate?

"Il problema qui è – a quanto ho potuto vedere, pur non avendo alcun ruolo sotto il profilo istituzionale, ma essendo salentino ed affezionato alla mia terra – che tutti brancolano nel buio, perché è una novità totale. Non andiamo alla ricerca delle colpe, questa è una cosa drammatica e il problema deve essere  portato alla maggiore attenzione,   ma soprattutto deve essere definito. Bisogna mappare le aree, perché se dovessimo trovare la Xylella negli ulivi a Bari, tutto cambierebbe completamente. Non lo sappiamo se c'è, potrebbe esserci. Potrebbe rimanere anche per due anni e non manifestare alcun sintomo. Bisogna capire dove sta,  comprendere la sintomatologia – diversa da caso a caso – e avere le idee chiare, trattandosi di un qualcosa di completamente nuovo a livello mondiale".

Quali sono i veri rischi a cui andiamo incontro se la situazione non dovesse risolversi in tempi utili?

"Potenzialmente i rischi possono essere drammatici, il problema è che nessuno lo sa proprio perché non abbiamo una mappatura, non abbiamo ancora delimitato le aree interessate e individuato in maniera dettagliata la presenza del batteri. Se la cosa fosse  ascrivibile semplicemente in una zona, si tratterebbe allora di eradicare e reimpiantare, e abbiamo le risorse, l'Europa ci da una mano. Se invece non abbiamo conoscenza, rischiamo addirittura che si diffonda. Il rischio è altissimo,  se non facciamo subito la messa in quarantena – come si deve fare per questo tipo di patogeni".



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