Si chiama Epifania, ed è una parola greca che significa ‘manifestazione’, la manifestazione del Signore. La nascita di Gesù senza l’Epifania non è in grado di spiegare la sua potenza sul piano religioso e culturale. È nella comunicazione del Natale, nel suo rendersi esplicito e noto a tutti, che assume il significato che merita. Insomma, l’Epifania, l’antica festa cristiana che cade il 6 gennaio, conta quanto e più del giorno di Natale, tanto che in passato era la festa più attesa e celebrava un momento cruciale nella storia della: la manifestazione di Gesù Cristo ai popoli di tutto il mondo.
Il problema è che oggi pochi comprendono la realtà, pochi conoscono i significati e le origini delle cose e in tanti finiscono per scivolare sulla proverbiale buccia di banana, come avviene nel caso di questa solennità fondamentale per la cultura cristiana dell’Occidente, confusa con la befana.
Si sente dire, e si sente spesso, “ci vediamo alla Befana” oppure “andiamo al concerto della Befana” o peggio “le vacanze di Natale finiscono alla Befana”. Siamo al punto che la Befana, tra una calza di cioccolatini e una di caramelle, si è mangiata la festa dell’Epifania. Ed è inaccettabile. Non si confonde il Natale con Santa Claus, né la Pasqua con l’uovo di cioccolato. È la correttezza delle parole che dà loro senso, e da quel senso deriva la nostra dignità di persone.
Nell’immaginario collettivo, l’Epifania è spesso associata alla figura della Befana, una simpatica vecchietta che porta doni ai bambini. Ma al di là delle tradizioni popolari, questa festa conserva un profondo significato spirituale e culturale.