Quando parliamo di Ilva parliamo di una situazione estremamente complessa che si trascina da anni e che comprende indagini per disastro ambientale, morti drammatiche, malattie gravissime. Serve un radicale cambio di passo a cui stiamo lavorando giorno e notte.
Se è vero che il siderurgico è stato nell’ultimo secolo, e continua ad esserlo, un settore strategico per l’Italia e per l’Europa allora è altrettanto vero che Taranto ha un enorme credito nei confronti dell’Italia e dell’Europa con una fabbrica che per anni ha prodotto inquinamento, morte e anche danni all’economia locale. Ora basta: le istituzioni devono cooperare per superare questa crisi a cominciare dall’Europa vera assente in tutte le crisi che si verificano nei propri Stati membri.
Arcelor-Mittal, infatti, non sta chiudendo solo a Taranto, ma anche in Polonia e in passato ha già acquisito diversi impianti nel vecchio continente per poi chiuderli tanto da far pensare a molti ad una vera strategia aziendale per acquisire le commesse dalle acciaierie europee per poi dismettere, acquisendo i clienti per le proprie acciaierie nei paesi in via di sviluppo, dove i diritti dei lavoratori e le normative ambientali sono molto più deboli e scaricando i costi sulle acciaierie europee magari non pagando nemmeno i fornitori.
Davanti tutto questo l’Europa che fa? Nulla sta a guardare senza difendere il proprio tessuto produttivo e finché l’Europa sarà una fatta in questo modo, ossia una serie di Stati che pensano solo al proprio orticello, sarà destinata ad essere messa sembra in crisi dalla concorrenza internazionale. L’Europa è il primo grosso problema va riformata in modo da poter venire in soccorso quando si verificano crisi di tale impatto.
Arcelor Mittal ha firmato un contratto chiaro che prevede zero esuberi e un piano ambientale definito, salvo poi rendersi conto di aver sbagliato il piano industriale.
Il problema non è lo scudo penale, che non era neanche nel contratto, ma i due milioni di perdite al giorno che l’azienda sta cercando di scaricare sullo Stato italiano.
A questo punto bisogna pensare a una strategia nel breve periodo e una per il medio e lungo periodo. La strategia per il breve periodo è evidente: far sì che Mittal rispetti i patti: nessuna multinazionale può farsi beffa dello Stato italiano, firmare un contratto e stralciarlo dopo un anno e, se ci sono i presupposti, Mittal deve essere condannata a pagare tutti i danni, anche quelli futuri dovuti alla mancanza di redditività.
La strategia del lungo periodo è, invece, quella che sosteniamo da sempre: la riconversione economica come avvenuto in altre realtà europee come Lodz in Polonia o Bilbao in Spagna, ma anche in Francia e Germania. Siamo di fronte a una realtà non più sostenibile perché ormai quel impianto è troppo obsoleto e produce una quantità di veleni non accettabile: abbiamo perso 10 anni, ma non ci può essere un’altra strada.
I tarantini e i salentini hanno già pagato troppo in termini di salute. Bisogna guardare anche alle realtà europee che hanno riconvertito la loro economia, ad esempio Bilbao e Lodz. Ora è il momento di fare qualcosa, in Regione abbiamo presentato una mozione che prevede l’accordo di programma volto a promuovere il piano di bonifica; a sostenere un piano industriale per il consolidamento delle lavorazioni a freddo e la tutela dei livelli occupazionali, ma siamo sempre stati disponibili a collaborare per arrivare un testo unitario da parte del Consiglio, perché è necessaria una posizione forte da parte di tutta la Puglia.
In conclusione come detto all’inizio se è vero che il siderurgico è stato nell’ultimo secolo un settore strategico allora è altrettanto vero che Taranto ha un enorme credito, pertanto se la fabbrica che per anni ha prodotto inquinamento, morte e anche danni all’economia locale dovesse chiudere i lavoratori non possono essere abbandonati, ma bisogna farsi carico anche con fondi europei di ricollocarli nel più breve tempo possibile usando tutte le strategie come ad esempio prevedere per Taranto una zona produttiva per il settore della green economy con enormi incentivi per le nuove industrie che si insediano ricollocando i lavoratori che provengono dal polo siderurgico.
Editoriale del consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Antonio Trevisi

