C’è chi ci ha raccontato di averlo visto davvero, di averlo visto tirare la coda dei cavalli, o mangiare di notte al pallido della luna. L’Uru, lu laurieddhu, o addirittura scazzamureddhu, perché in grado di passare attraverso i muri e le porte chiuse.
A Napoli c’è un lontano parente chiamato Munaciello, a Brindisi lu Scarcagnulu, insomma un florilegio di rinomati soprannomi per rappresentare un essere dalla precaria fisionomia umana, non certamente modello di virtù umane.
Che cosa siano davvero non lo sa nessuno, nemmeno coloro che dicono di averli visti, e nell’ermeneutica del caso potrebbero arrivare a noi come retaggi di un passato rurale, sottoforma di anime di antenati morti, anziani o bambini, data la ridottissima statura.
Accusatori, bugiardi, talvolta ladri, danneggiatori e capricciosi i folletti buttano la pietra e nascondono la mano e diventano pertanto un perfetto capro espiatorio per tante improvvise derive comportamentali. Perché se facciamo qualcosa che non va fatta, possiamo sempre scaricare tutto sulle piccole spalle di quei teppistelli della notte, tanto brutti e tanto utili allo stesso tempo.
