La polemica esplosa dopo il via libera concesso dal Governo alla realizzazione del gasdotto Tap rischia di provocare una serie di reazioni a catena, difficilmente prevedibili. L’unica cosa certa, al momento, è che nessuno dei politici del Movimento Cinque Stelle che avevano promesso in campagna elettorale di bloccare l’opera si è dimesso per rispetto di chi il 4 marzo gli ha dato fiducia, tra cui molti attivisti che, ora, stanno facendo a gara per postare sui social i video mentre strappano le tessere elettorali.
Una volta arrivati al Governo si è “scoperto” che rinunciare al progetto costerebbe all’Italia tanto, davvero troppo. «20 miliardi di penali» secondo Luigi Di Maio che li hanno messi con le spalle al muro. Detto in altre parole, ‘costretti’ ad autorizzare il progetto. Ed è su queste cifre che si è spostato il terreno di sconto. I pentastellati le sbandierano per evitare una figuraccia. Il movimento del NO, dal canto suo, continua a sostenere che non esistono tant’è che ha chiesto, a gran voce, alla Ministra per il Sud di recarsi a San Foca dove è prevista una manifestazione di protesta con le carte in mano.
“Vi sta prendendo in giro”
Tra i due litiganti si è inserito anche l’ex ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda che, senza giri di parole, ha accusato il suo successore al Mise di mentire. Sulla Tap, ha dichiarato su Twitter, non c’è nessuna carta segreta né nessuna penale. «Quello che ha dichiarato ora per tirarsi fuori dall’ennesima figuraccia è una menzogna». Secondo Calenda, «lo Stato ha solo autorizzato un’opera privata alla luce del sole (e in piena legittimità). Se revoca l’autorizzazione pagherà i danni, non esiste una penale perché non c’è un contratto».
Secondo l’ex Ministro «Di Maio sta facendo una sceneggiata e sta prendendo in giro gli elettori ai quali ha detto una cosa che non poteva mantenere».
Facciamo chiarezza
Non esiste nessuna penale. Continuare a chiamarle in questo modo è sbagliato. Non c’è alcun contratto tra Tap e lo Stato italiano, essendo il gasdotto un’opera privata di interesse pubblico e non un’opera pubblica. C’è, invece, un risarcimento per danno emergente e lucro cessante che l’Italia dovrebbe pagare in caso di stop. Si tratta di cifre assolutamente fittizie: si ipotizza 20 miliardi per il mancato utilizzo del gasdotto nei prossimi 25 anni.
La protesta sui social
Alcuni attivisti, intanto, hanno postato su Facebook dei video in cui strappano le schede elettorali. In uno si vede una donna che in silenzio riduce in pezzi la propria scheda elettorale. L’unico rumore che si può ascoltare è creato dal vento che soffia sulla marina di San Foca, in Salento, la stessa su cui approderà il gasdotto.
