Gli Orologi del Diavolo. Gianfranco Franciosi, la storia dell’ infiltrato nei narcos tradito dallo Stato

La storia di Gianfranco Franciosi ha ispirato Gli orologi del Diavolo la fiction con Beppe Fiorello che andrà in onda su Rai1. Ecco chi è il meccanico navale diventato un infiltrato nel mondo dei Narcos.

La storia di Gianfranco Franciosi – infiltrato nei Narcos ‘per caso’ e abbandonato dallo Stato che aveva promesso di proteggerlo – ha ispirato «Gli orologi del Diavolo», la fiction con Beppe Fiorello che ha il merito di aver portato sul piccolo schermo la vita di questo meccanico navale, agente segreto e tassello importante nell’operazione Albatros che ha smantellato una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo.

Da mago dei motori a finto-narcotrafficante

È il 2005, Gianfranco Franciosi, per tutti Gianni, ha 25 anni e fa il meccanico navale a Bocca di Magra, in Liguria. Un talento innato. In paese, tra Sarzana e La Spezia, è conosciuto come “il genio delle barche”. Tutti sanno che non c’è motore che non sappia aggiustare con la sua cassetta degli attrezzi sporca di grasso.

La sua vita cambia per sempre quando due “clienti” – il boss spagnolo Elías Piñeiro Fernandez, rampollo di una famiglia di malavitosi e un camorrista del clan Di Lauro – bussano alla sua porta con una richiesta: costruire un’imbarcazione adatta a trasportare carichi, un gommone velocissimo come quelli che faceva a Tortellino, ma con un doppio fondo ed equipaggiato con radar e GPS. Per realizzarlo gli offrono un anticipo di cinquantamila euro in contanti.

Tortellino, un nome ripiombato al passato. Era Giuseppe Valentini un boss legato alla Banda della Magliana che si occupava di traffici di droga a cui Gianni aveva costruito dei gommoni potenti convinto lavorasse per una ditta di diving a Maiorca fino a quando non ha visto il suo volto al telegiornale: era morto, ucciso a Roma per un regolamento di conti.

Gianni chiede ventiquattr’ore di tempo, va alla polizia e accetta di aiutare gli investigatori a capirci di più. Doveva solo prendere i soldi e fotografare lo scambio, ma si ritrova in un gioco più grande di lui e, con il passare dei mesi, diventa un agente infiltrato a tutti gli effetti. Passano quattro anni di viaggi in Sudamerica per trasportare enormi quantità di cocaina, di festini con i narcos e di riunioni con la polizia, quattro anni di paura in cui perde tutto: il lavoro, la famiglia, l’amore di Marika, una ex ballerina degli 883 che lo ha lasciato stanca delle bugie che le ha ripetuto per anni. Non poteva certo raccontarle di essere un infiltrato in un cartello di narcos.

Perde anche la libertà perché finisce in carcere per otto lunghi mesi a Marsiglia. Gianni tiene duro e non parla e mentre suo padre Ercole muore senza conoscere la verità lui si guadagna il rispetto del boss che gli propone di diventare un suo corriere in pianta stabile.

Il giorno della resa dei conti

Quando finalmente la polizia conclude il più grande sequestro di droga mai avvenuto in Europa, dodici tonnellate di cocaina purissima per un valore di 28 miliardi di euro nascosti sulla nave madre, è pronto a riprendersi la sua vita, ma la parola fine è ancora lontana. Anzi, non è mai stata scritta.

Elías era sfuggito alla cattura. La polizia inscena una fuga e diffonde la notizia che un gommone battente bandiera italiana è riuscito a scappare all’agguato. Non basta. Su di lui ora pende una taglia, i trafficanti vogliono vendetta. È l’inizio di un incubo che continua ancora oggi: Gianni deve rinunciare alla sua identità e sparire nel nulla.

“Abbandonato dallo Stato”

Gianni entra nel programma protezione testimoni, ma i continui trasferimenti e cambi di identità lo mettono sotto pressione. “In tanti anni mi è arrivata una sola proposta: un posto da becchino. A Cuneo”, ha detto in esclusiva a Vanity Fair. Gianni sopporta fino a quando un giorno ha detto basta. “Era inverno, pioveva sempre e non potevo usare la mia auto per accompagnare i bambini a scuola, perché i narcos la conoscevano benissimo. Ho chiesto quindi se potevano darmene una, ma la risposta è stata: “Si compri un ombrello più grande”.  Si sente tradito dallo Stato, ma si rimette in piedi. Tornato alla sua più grande passione, diventa il primo costruttore di imbarcazioni elettriche in Italia. Ma la malavita non dimentica e il cantiere in Liguria salta in aria.

«La vita mi ha tolto tanto, ma quello che non riusciranno mai a portarmi via è il coraggio di fare la cosa giusta. Sempre e a ogni costo» ripete sempre. Per il “Time” Gianfranco è il Donnie Brasco italiano, con la differenza che Joe Pistone, l’uomo che si infiltrò nella mafia di New York era un agente dell’Fbi. Gianfranco è un civile che, svolto il suo compito, è rimasto solo. Un “morto che cammina”, dice, solo perché quando lo Stato ha chiesto il suo aiuto ha risposto sì.

Nella fiction Gianni diventa Marco Merani e ha il volto di Beppe Fiorello. Il titolo fa riferimento ai Rolex che il boss Elías Piñeiro Fernandez regalava ai suoi affiliati. E al libro scritto con il giornalista di Presa Diretta Federico Ruffo.



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