Se si racconta di te che con un bagno notturno nella fontana della Barcaccia di Piazza di Spagna hai ispirato un registra del calibro di Federico Fellini che confezionò una delle scene più belle del film la Dolce Vita, devi essere stata una persona speciale. E speciale Maria Gioacchina Stajano Starace Briganti di Panico lo era. Nobile di nascita, scrittrice scandalosa di successo, giornalista in riviste proibite, attrice, pittrice di talento poi riservata signora che, all’ora dell’aperitivo, non ha mai rinunciato al suo Martini Dry, la Contessa di Sannicola è riuscita in un’impresa difficile a tutti: essere se stessa.
C’è voluto coraggio per diventare l'”omosessuale più famoso d’Italia” negli anni Cinquanta e, ancor di più, per cominciare una “battaglia” portata avanti con la cultura, per togliere il velo sui pregiudizi con i suoi libri scandalo, pubblicati e sequestrati perché contrari alla ‘morale’, in cui raccontava senza veli le folli scorribande nell’alta società capitolina, come in Roma capovolta, un viaggio nel lato più oscuro della Roma-bene sempre molto attenta alle apparenze che le costò una condanna formale per offesa alla pubblica morale.
Un coraggio che si può trovare anche tra le pagine di «Meglio l’uomo oggi» cambiato poi nel più innocuo «Meglio l’uovo oggi», in cui raccontava, in maniera nemmeno troppo velata, i vizi segreti di alcuni personaggi famosi. Del resto, poche persone potevano descrivere più di Giò Stajano le luci ed ombre di quel periodo, di quella società patinata di cui era una delle protagogiste più chiacchierate.
L’infanzia in camicia nera
Nipote di Achille Starace, uno dei massimi gerarchi del regime fascista e fedelissimo del Duce, aveva confidato che una volta, da bambina, aveva fatto pipì mentre era tra le braccia di Benito Mussolini. «Il pannolino non riuscì a trattenere tutto ed io finii con l’irrorare un poco le medaglie del Duce. Mia madre voleva sprofondare sotto terra, ma Mussolini le disse “Non si preoccupi! È tradizione che all’inaugurazione del concorso ippico scenda qualche goccia di pioggiolina primaverile!”». Non diventerà mai il simbolo della maschia gioventù fascista, nonostante delle strane pillole che giravano all’epoca, degli ormoni di gorilla capaci, si diceva, di invertire la strada, di riportare sulla retta via.
Al settimanale «Il Borghese» che gli chiedeva cosa avrebbe detto il nonno – fucilato in piazzale Loreto a Milano – delle sue scelte sessuali rispose, senza scomporsi, con la sua solita intelligente ironia: «Direbbe che dopo tanta virilità in famiglia, un po’ di relax ci vuole».
La sua vita scandalosa
Parecchi anni e molti scandali dopo diventerà il primo “frocio” in Italia come confidò lei stessa. «Ho aperto io le porte agli omosessuali. Sono stato il primo omosessuale dichiarato». «Ho costruito un’autostrada su cui tutti ora viaggiano» disse. Non era l’unico gay, ma era stata l’unica a dirlo. Ed era vero. Nessuno aveva osato tanto, nessuno aveva avuto il coraggio di essere libera, di parlare delle proprie inclinazioni, di scoprire la polvere nascosta sotto i preziosi tappeti dei salotti romani.
Nel libro La mia vita scandalosa si legge un episodio che racconta tanto di Giò. Correva l’anno 1956, quando durante un’esposizione dei suoi quadri una signora, guardando un giovane Stajano, sussurrò al accompagnatore: “è una donna vestita da uomo o un uomo vestito da donna?”. Udendo la domanda disse all’uomo «Perché non consiglia alla signora di optare per una terza e più esatta soluzione per i suoi dubbi? Non sono “né una donna vestita da uomo, né un uomo vestito da donna. Ma molto più semplicemente un frocio vestito da frocio!».
La Dolce Vita
Giò fa di Roma la sua casa. Apre un locale, ispira Federico Fellini con il suo bagno nella fontana della Barcaccia con Novella Parigini, regina di via Margutta. Fu quella nuotata nottura, con imbeccata pagata ai paparazzi per finire sui giornali, a suggerire al regista romano la scena con Anita Ekberg immortalata nel capolavoro del cinema italiano. Nella «Dolce vita» ebbe pure una particina, tagliata all’epoca a causa di un bisticcio con Fellini e destinata solo dopo ad essere aggiunta nelle versioni restaurate. Si racconta pure che furono i golfini con il collo alto, fatti a ferri e indossati da Giò in quegli anni, a giocare un ruolo decisivo nella “dolcevita” romana di cui lui fu protagonista estroso, e poi giornalista colto e irriverente.
Quando nel 1961 scoppiò lo «scandalo dei balletti verdi» (verde era considerato il colore degli omosessuali, verde era il garofano che portava all’occhiello Oscar Wilde) che stava facendo tremare l’Italia intera, la contessa fu chiamata come inedita consulente-esperta dei vizi umani. Arrivò in tribunale accolta come una star, tra i flash dei fotografi, vestita a lutto e stringendo tra le mani un gomitolo di lana nera per sferruzzare durante l’interrogatorio.
L’operazione a Casablanca
Nel 1982, a cinquant’anni, Giò fece la sua scelta. Come aveva fatto Jacques-Charles Dufresnoy, Coccinelle, cantante e attrice francese, il primo personaggio del mondo dello spettacolo ad affidarsi nelle mani del chirurgo dello scandalo Georges Burou, la contessa partì per Casablanca per diventare quello che era sempre stata: una donna, una biondo-rossa esplosiva fotografata anche su diverse riviste osé. «Mi sottoposi a un lifting facciale completo, mi dotai di protesi al silicone della quarta misura e andai a Casablanca. Per la mia famiglia fu quasi un sollievo: non ero più l’ambiguo personaggio “irregolare”. Mia madre mi chiamò per la prima volta “figlia mia”» raccontò. Per Stajano cominciò una nuova vita, «una vita riprovevole, che allora mi sembrava il massimo della femminilità», «il periodo più dissennato» lo definì.
L’incontro con Giulio Andreotti
Di aneddoti Gioacchina ne ha raccontati tanti, come quello dell’incontro con Giulio Andreotti, al Premio Strega a Roma. «Lui in quei giorni mi pare dovesse essere eletto per non so quale ennesima volta alla Presidenza del Consiglio, quindi erano per lui giorni piuttosto critici per potersi permettere di incontrare Giò Stajano davanti ai teleobbiettivi. Lo incontrai nel vialetto d’uscita alla fine della cerimonia di premiazione e, vedendo che mi osservava, mi sentii in dovere di rivolgergli la parola; gli dissi: “Onorevole, mi permetta di farle i miei complimenti, non tanto come uomo politico perché non me ne intendo, ma come uomo di lettere, avendo letto qualcosa di suo”; lui sorrise e mi porse la mano per stringerla, ma io intesi che non mi aveva riconosciuto e allora mi presentai. Sentendo il mio nome lui sbiancò ed io sentii le sue dita sfuggirmi dalle mani, come piccoli tentacolini scivolosi». Era pieno di paparazzi, ma nessuna fotografia di quella sera fu mai pubblicata. Uno scatto uscì molti anni dopo nel suo libro.
Giò può anche vantarsi di aver avuto il baciamano da Giorgio Almirante perché la sua parentela con Starace metteva in secondo piano la sua diversità.
Il ritiro
Prostituta d’alto bordo, ma sempre corteggiata con la galanteria dovuta ad una nobile signora, pornostar, quante pagine ha messo nero su bianco. L’ultimo (anzi il penultimo) capitolo della sua vita, Giò lo scrive nel convento delle suore di Betania del Sacro Cuore in Piemonte. Il giorno prima della consacrazione a suora laica confessa la sua identità. Tutto accadde per uno scoop, l’ennesimo della sua vita. «Mi misi d’accordo con un giornalista. Quando ci sarebbe stata la consacrazione a Dio, l’obiettivo del fotografo avrebbe fissato il momento per la storia di copertina. Solo che quella volta la roba fu seria. Puoi prendere in giro il mondo, ma non Dio» raccontò. Era stato confezionato l’ennesimo scandalo, ma quando rivelò alla madre superiora l’inganno fu accolta e rassicurata.
Alla fine Giò torna a casa, a Sannicola, lontana dalla Roma caciarona e gossippara che lei aveva conosciuto e descritto, ma le luci dei riflettori non si sono mai spente del tutto. Buttafuoco, Chiambretti e Bonolis hanno lottato per averla. E lei, quasi ottantenne, sempre tagliente e ironica, soave e profonda, si concesse con parsimonia.
Il 26 luglio 2011 la Contessa, una donna anziane tra tante altre donne del suo paese, ha deciso di ‘salutare’ tutti e di uscita di scena ieri, spegnendosi nell’ombra in una casa di riposo. Aveva lasciato una lezione che in molti non hanno ancora imparato: che non serve sgomitare, né urlare, ma a volte basta solo un po’ di “coraggio”… anche per essere se stessi!
