
I fratelli affetti da distrofia festeggiano il loro 35esimo anno di età e scrivono una nuova lettera a Papa Francesco. Vogliono provare nuove cure ed il loro accorato appello è l'ultima speranza.
Una torta con i colori del Milan, la loro squadra del cuore, e una tavola per una ventina di persone che sarà apparecchiata nella loro stanza dove saranno festeggiati dalla famiglia, amici e assistenti. Così oggi festeggiano il loro 35/mo compleanno Marco e Sergio Quarta, i gemelli di Merine di Lizzanello, entrambi affetti dall'età di 4 anni dalla sindrome di Duchenne, una rara malattia che li costringe a vivere attaccati a dei respiratori ed accuditi dai genitori.
Nonostante vivano su un letto, essi sono attivissimi sui social network e così si relazionano con l’esterno e si informano su tutto. Sergio e Marco vogliono provare nuove terapie, chiedono di essere sottoposti a cure sperimentali, anche con le cellule staminali: vogliono che i luminari della medicina si interessino a loro e che lo facciano anche le istituzioni. Da qui l’appello che i genitori hanno fatto, già nei mesi scorsi, con una lettera inviata al presidente della Repubblica, ai presidenti di Camera e Senato nonché ai ministri della Sanità e della Giustizia e addirittura a Papa Francesco.
Nessuna risposta e, in occasione del loro compleanno, i fratelli ci riprovano e, come riporta l’Ansa, scrivono ancora a Sua Santità. “Lei è la nostra ultima speranza per poter avere un aiuto, dopo di che non ci resta altro che intraprendere l’unico percorso che ci resta per poter porre fine a questa inutile sofferenza”. Scrivono i gemelli: “Staccare tutte le macchine e chiudere per sempre la partita! Sperando almeno che nell’altra vita possiamo avere un po’ di pace e un po’ di serenità la preghiamo: ci aiuti, noi confidiamo anche in un suo piccolo cenno”.
Dopo tutti gli appelli a tutte le istituzioni fatti a più riprese attraverso i mass media “in cui venivano elencati tutti i disagi della nostra disumana condizione a cui siamo sottoposti noi e la nostra famiglia, – raccontano Marco e Sergio – siamo a un punto morto. Non abbiamo più nessuna ragione per poter dire di essere vivi se non per gli sforzi che vengono fatti dalla nostra famiglia”.