Le grandi imprese sono quelle realizzate dalle persone semplici, gente qualsiasi, cittadini come noi, persone vere che credono nella vita e combattono per difenderla.
E’ la storia di Massimo Rizzo, un giovane di Surbo che da tempo ormai ha sposato la causa della “Buona sanità” lottando al fianco di un amico malato e portando fino alle estreme conseguenze l’affetto per quell’amico che soffre a causa di una terribile malattia.
Ma non si tratta di una malattia senza nome, tantomeno di un male incurabile come talvolta si sente dire,si tratta invece di un tumore al cervello, un male che ha un nome e anche una cura.
E’ per questo che Massimo ha deciso di combattere, raccogliendo una sfida che lui ritiene di poter vincere, non da solo certamente, ma anche da solo se dovesse essere necessario, lottando contro tutti i problemi che si possono presentare lungo il cammino, problemi che non mancano e che sembrano aumentare giorno dopo giorno, per uno sgradevole scherzo della vita.
La lotta di Massimo Rizzo è diventata una guerra, una guerra alla malattia, una battaglia al fianco della gente, soprattutto di quella che non può, di quella che non sa. Della gente che nemmeno sa che esiste una possibilità per sconfiggere il male. Ma servono le armi per questo e le armi vanno trovate.
Un’arma che può aiutarci a difenderci, che può offrirci la più legittima delle difese, è l’acceleratore lineare per la radioterapia, che grazie a questa battaglia a fine estate sarà anche a Lecce. Forse a ottobre, già operativo per curare i pazienti salentini nel Salento e non a Milano. Perché anche i leccesi hanno diritto a curarsi sotto casa, non solo gli italiani che vivono in Lombardia.
Solo che l’acceleratore lineare non arriva da solo, qualcuno deve portarlo qui, e portarlo costa, costa tanto, ecco perché per comprarlo ci vogliono le decisioni giuste, le decisioni importanti.
Quasi 2 milioni e mezzo di euro per una macchina intelligente, una macchina in grado di curare senza fare danni maggiori di quelli già prodotti dal cancro. Una macchina che interviene solo sul tumore, lasciando intatte le parti circostanti, un chirurgo post moderno insomma, che a qualcuno di noi sembra frutto della fantascienza di Star Trek, ma che altrove è già realtà, è già cura, è già vita.
Ieri c’è stata la firma del contratto tra la Asl di Lecce e la Elekta, la ditta installatrice del macchinario tanto atteso. Un passo fondamentale, strategico, ma che non è un obiettivo, è solo un punto di partenza per cambiare mentalità, per generare una nuova coscienza.
Che ci sia voluto un privato cittadino, che è anche un disoccupato, sembra strano, eppure è così che si è ottenuto questo risultato. Massimo Rizzo, mosso dalla triste condizione del suo amico Alessandro, colpito dal tumore, ha avviato una battaglia civica che oggi diventa una campagna di comunicazione e di informazione e che presto deve diventare una attività di formazione.
Eh si perché l’acceleratore lineare se non lo sai usare, o se non lo fai funzionare come si deve, serve a poco. La tecnologia richiede personale qualificato, addestrato e consapevole. Si attende quindi, non soltanto l’arrivo della macchina ma anche il collaudo. E’ il momento delle prove, del rodaggio, della verifica.
Accanto all’acceleratore lineare che potrà in parte impedire i viaggi della speranza, faticosi ed economicamente dispendiosi, serve dell’altro; innanzitutto il Tac simulatore che guida e accompagna l’utilizzo del macchinario per assestare al male il colpo che merita. Altri cinquecentomila euro che vanno trovati, che vanno stanziati. Perché nulla è gratis, tantomeno la buona sanità.
Per arrivare a questo traguardo bisognava bussare alle porte, bussare forte, si doveva alzare la voce, farsi sentire e scrivere e scrivere e poi riscrivere. E fare altro, magari telefonare e chiedere più volte per essere certi di essere stati ascoltati, di essere stati capiti.
Noi crediamo che l’esempio dato da Massimo Rizzo sia in cima all’ideale democratico, che significa davvero governo del popolo e per il popolo e che significa partecipazione e attivismo. E badate bene, senza nulla in cambio.
Anche se siamo convinti che sia doveroso mostrarsi grati verso chi ha consentito di destare le coscienze e di portare un pezzo di futuro nel nostro cuore.