Non può vaccinarsi, ma arriva il demansionamento. Cobas in difesa di una infermiera

Mentre l’infermiera era in ferie è arrivato il demansionamento per non esserci vaccinata anche se aveva prodotto tutti i documenti necessari.

Sta scaldando gli animi, soprattutto in questi giorni, il tema vaccinazione che per i sanitari è diventata obbligatoria quasi immediatamente. Ad affidare a carta e penna una protesta contro la Asl di Lecce è Cobas Pubblico Impiego che contesta l’ordine di servizio per una infermiera di cui il sindacato chiede la revoca.

L’ordine di servizio, spiega Cobas, è arrivato mentre la loro iscritta si trovava in ferie. “Si fa presente – scrive il sindacato – che le violazioni effettuate con l’ordine di servizio sono: comportamento antisindacale, palese violazione della normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro; palese demansionamento con l’assegnazione a mansioni dequalificanti”.

Ad avere rimandato la vaccinazione dell’infermiera sarebbero state ragioni di salute: il sindacato, infatti, fa sapere che l’infermiera è intenzionata a vaccinarsi non appena il suo stato di salute lo permetterà. Inoltre, per la mancata vaccinazione, aggiungono, sarebbero stati prodotti tutti i documenti previsti per legge, apparentemente non ritenuti sufficienti per la Asl di Lecce.

In difesa della libertà di scelta

Non si conclude qui la protesta di Cobas che nella stessa lettera indirizzata alla Asl si schiera anche dalla parte dei sanitari che non vogliono vaccinarsi. Secondo il sindacato, infatti, non si può accettare la pratica vaccinale perché “minacciati o moralmente costretti”. Sarebbero diversi i casi di infermieri richiamati dal direttore perché non possono o non vogliono vaccinarsi, nonostante abbiano combattuto la battaglia contro il covid in prima linea nella tragica fase del lockdown.

“Si parla di infermieri che vengono minacciati di essere sospesi o addirittura licenziati, trattati come “poco di buono”, etichettati come privi di senso civico, dopo che hanno prestato il loro operato durante il culmine della pandemia e poi trattati così”.



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