L’Italia rivuole Girone, ma l’India non molla ‘richiesta inammissibile’

Continua il duro braccio di ferro tra Roma e Nuova Delhi sulla vicenda dei due marò italiani. L’India appare ‘intransigente’ sulla possibilità che Salvatore Girone torni in Italia.

Nessuno se lo aspettava. Sui giornali di ieri trapelava un “cauto” ottimismo sulla possibilità che Salvatore Girone, trattenuto a New Delhi da oltre quattro anni, potesse tornare in Italia almeno fino a quando l’Aja non si sarà pronunciata sulla questione della giurisdizione, ovvero se i due fucilieri del Battaglione San Marco dovranno essere processati in India o in Italia. L'odissea dei marò, quindi, è destinata a un epilogo lontano e potrà dirsi chiusa solo nell'agosto 2018. 
  
Come ha sottolineato l'ambasciatore Francesco Azzarello, agente del governo italiano: “Considerato che il procedimento arbitrale sul caso marò potrebbe durare almeno tre o quattro anni, Salvatore Girone rischia di rimanere detenuto a Delhi, senza alcun capo d'accusa per un totale di sette-otto anni, determinando una grave violazione dei suoi diritti umani. Per questo il fuciliere deve essere autorizzato a tornare a casa fino alla decisione finale dell'arbitrato”.
  
Insomma, l’Italia rivuole Girone e lo ha fatto capire a chiare lettere all’Aja dove questa mattina si è aperta la due giorni di udienze al tribunale arbitrale internazionale sul caso dei due marò accusati, se serve ricordarlo, di aver ucciso due pescatori indiani a largo delle  coste del Kerala.
  
L’unica ragione per cui il sergente Girone non è autorizzato a lasciare l'India – secondo l’ambasciatore Azzarello – "è perché rappresenta una garanzia che l'Italia lo farà tornare a Delhi per un eventuale futuro processo, ma un essere umano non può essere usato come garanzia per la condotta di uno Stato".
  
Quello che ha sorpreso è l’inamovibilità di Nuova Delhi che ha respinto la richiesta senza se e senza ma. Lo si legge nelle Osservazioni dell'India, depositate al Tribunale arbitrale il 26 febbraio scorso e rese pubbliche oggi. 
   
A nulla è servito insistere sul fatto che Girone "è costretto a vivere a migliaia di chilometri dalla sua famiglia, con due figli ancora piccoli, privato della sua libertà e dei suoi diritti. Il danno ai suoi diritti riguarda l'Italia, che subisce un pregiudizio grave e irreversibile dal protrarsi della sua detenzione, e dell'esercizio della giurisdizione su un organo dello Stato italiano". 
  
La replica dell’India non si è fatta attendere "Salvatore Girone non è in prigione. Vive nella residenza dell'ambasciatore italiano a New Delhi, dove vive bene e la sua famiglia può rendergli visita: sono quindi condizioni ragionevoli per una persona accusata di un reato grave
  
Anche sulla richiesta italiana di allentare le condizioni cautelari per Girone che causano un "danno irreparabile ai suoi diritti" l’India è chiara: "Ciò che è veramente irreversibile è la morte dei due pescatori indiani nell'incidente con l'Enrica Lexie nel 2012”. Il diplomatico, però, ha ricordato che i due fucilieri di marina coinvolti nell’incidente con il Sant'Anthony erano in servizio antipirateria per conto dello Stato italiano per cui godono (o dovrebbero godere) dell’immunità. L’India dal canto suo «non ha rispettato nemmeno il principio basilare del giusto processo e cioè quello di formulare un capo d’accusa».
 
Nel pomeriggio è è previsto l’intervento della parte indiana. La sentenza, invece, è attesa tra circa quattro settimane. Massimiliano Latorre, invece, aspetta a Taranto la nuova udienza della Corte Suprema indiana, fissata per il prossimo 13 aprile, chiamata a discutere sul suo permesso per motivi di salute in scadenza il 30 dello stesso mese.  



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